Mihajlovic e l’Italia nel pallone: un calcio alla negatività
Una questione di priorità: troppe volte in questi giorni l’abbiamo sentito dire, il calcio italiano è nella sua fase più critica, senza apparente via d’uscita e non si pensa ad altro se non a cosa fare per ripartire. Nuovo Commissario Tecnico, nuovi vertici in Lega, nuova linfa in Federcalcio. Il tricolore sventola grazie alla lista degli (eventuali) passi da seguire. Prima, dopo e durante. Ci stiamo dimenticando, però, che c’è una vita fuori: il calcio è fatto, innanzitutto, di uomini che non sono pedine da poter sostituire.
Anche se spesso facciamo conto che sia così. La débâcle ai Playoff ha innescato la concezione secondo cui per ripartire basta cambiare gli interpreti. Poi arriva un allenatore serbo, che con l’Italia ha sempre avuto a che fare, e ci spiega – a modo proprio – che oltre agli schemi c’è la quotidianità. Quella fatta di mani sudate, scarpini consumati e allenamenti vissuti.
Mihajlovic, il sapore delle sfide e la “lezione” agli azzurri del Mancio
L’odore dell’erba tagliata, i brividi prima di entrare in campo, la tensione per raggiungere un obiettivo. Tutte cose che ci sono sempre state, ma noi tendiamo a vedere altro. Mihajlovic, con il riacutizzarsi della Leucemia e il suo nuovo stop, ci ha detto inconsapevolmente che le fermate esistono. Conta, però, ancora di più saper reagire. Senza togliere – fra virgolette – di mezzo i problemi.
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Una battuta d’arresto porta sempre a una rinascita: è successo in campo, infatti l’Italia dopo la discesa libera targata Ventura ha vinto gli Europei, e succede nella vita. Sinisa è caduto, ha lottato, ha vinto e ora è pronto ancora a lottare. Non è finito nulla. Anzi, tutto ricomincia ora. Proprio perchè dietro le persone – che non sono pedine – si celano stati d’animo e quelli non sono intercambiabili al pari di una carica. Quindi l’allenatore del Bologna ha mostrato quanto conta ridisegnare il presente per migliorare il futuro.
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Non servono frasi, o decisioni drastiche, ma solo esempi. Anche nelle cadute c’è lo stile. L’importante è sapersi rialzare. La speranza è che Mancini e compagni lo capiscano, perchè se la bandiera dell’Italia sventola ancora in alto – nonostante tutto – è merito di chi l’ha saputa sollevare quando era a terra. Gianluca Vialli docet, l’ex attaccante che ha fatto del calcio la propria vita, capendo però che le sorprese arrivano fuori dal rettangolo verde. A maggior ragione non è il caso di arrendersi ora.