Messi e quell’addio al Barcellona che traccia la fine di un’era

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Un comunicato di nove righe che spaccano a metà una calda serata d’estate. “Lionel Messi not staying at FC Barcelona“, inizia così: un titolo secco, duro, senza sentimentalismi, che apre una faglia nella storia blaugrana e del calcio mondiale.

Un Tweet che squarcia la frenetica routine del mercato estivo, alla ricerca continua della notizia, dell’indiscrezione, del colpo. Un comunicato ufficiale che forse nessuno avrebbe mai immaginato di leggere realmente, non dopo una storia d’amore lunga ventuno anni, di quelle che fatichi ad immaginare concluse, con i protagonisti che si separano e prendono strade differenti.

A portarlo a Barcellona, a 13 anni, è una malattia: l’ipopituitarismo. Il Newell’s Old Boys, suo club in Argentina, non ha abbastanza denaro per pagargli le cure. Il River Plate mostra interesse per quel ragazzino gracile ma dal grande talento, ma alla fine la spuntano i blaugrana. Rexach, l’allora direttore sportivo dei catalani, non ha dubbi: pur di accaparrarselo, lo fa firmare su un tovagliolo di carta, non avendo a disposizione altro in quel momento. Da quel momento inizia una lunga storia scandita dai gol e dalle vittorie.

Formazioni giovanili e poi terza squadra – il Barcellona C – nei primi anni di Leo in terra spagnola. I gol, nonostante la giovane età e quel fisico gracile, non mancano e servono per mettersi in mostra.
Nel 2004 è il momento del grande salto. Il debutto arriva contro l’Espanyol ma è solo nella stagione successiva che Messi si ritaglia uno spazio importante nel Barcellona.

Gli anni passano, le reti aumentano e i successi anche, soprattutto nell’era Guardiola. Proprio con Pep, Leo vive il suo momento di massimo splendore. Il tiki taka fa innamorare l’Europa intera e quel piccoletto là davanti vive un momento straordinario, diventando un vero e proprio punto di riferimento per tutta la squadra. Le coppe nazionali non mancano neppure in quegli anni, ma a brillare nel palmares dell’argentino sono soprattutto le due Champions League vinte nel 2009 e nel 2011, neanche a dirlo, da protagonista.

Anche dopo l’addio di Pep, la parabola Messi continua a crescere. Palloni d’oro, Scarpe d’Oro, riconoscimenti personali e trofei di squadra: tra questi anche il Triplete nel 2015. I gol in prima squadra, con la maglia blaugrana, sono un numero esorbitante: 672 in 778 partite. I trofei, allo stesso modo, sono difficili da ricordare persino per lui: ben 35. Tra questi 10 Liga, 7 Coppe di Spagna, 8 Supercoppe di Spagna, 4 Champions League, 3 Supercoppe europee, 3 Mondiali per Club.

I riconoscimenti individuali, vinti con il suo Barcellona, danno l’idea del giocatore straordinario che è stato in blaugrana: 6 Palloni d’oro, 8 volte capocannoniere della Liga, 6 volte capocannoniere della Champions, 10 volte Mvp della Liga. Dati e statistiche importanti, che dimostrano bene ciò che Messi è stato per il Barcellona, o forse no.

Perché in fondo i numeri sono importanti, eppure nessuna cifra potrà mai essere paragonata all’emozione di aver visto le sue serpentine in area, i suoi pallonetti, le sue opere d’arte su punizione. Tutto, per ventuno anni, rigorosamente in blaugrana. Il calcio, però, è un po’ come la vita: non si ferma neppure davanti ai dolori inaspettati.

E allora, Leo, con gli occhi lucidi e tanti ricordi che passano per la testa, non possiamo far altro che dirti grazie. Ci hai regalato un’era splendida, fatta di momenti indimenticabili, gol impensabili e vittorie incredibili.
Ora è tempo di andare avanti: sarà strano vederti con un’altra maglia, ma tu non smettere di dipingere calcio. Abbiamo ancora bisogno della tua magia, che sia in blaugrana o con altri colori addosso.