Marcus Rashford, un eroe d’Inghilterra

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A volte il calcio non è solo calcio. Ci sono occasioni in cui il suo valore sociale tracima il perimetro del campo di gioco e incontra le facce più buie del prisma della società, quelle facce opache perché di luce da riflettere non ne arriva molta.

Ci sono calciatori che di quel prisma ne sono lo scintillante vertice, eppure sanno guardare verso la base più in ombra e sanno gettarvi un po’ di luce. Uno di questi è Marcus Rashford, prolifico attaccante del Manchester United ed eroe nella serata di Parco dei Principi nello scorso martedì di Champions League.

Il nome del 22enne dei Red Devils, che compirà 23 anni il prossimo 31 ottobre, è salito alla ribalta in questi giorni, ma questa storia parte da lontano.

#MakeTheUTurn

Questa storia parte dalla scorsa primavera, in piena pandemia. Il governo inglese mette a disposizione delle scuole dei buoni pasto per le famiglie in difficoltà, duramente colpite dalla crisi causata dal Covid19. Il programma è in vigore fino al termine dell’anno scolastico, nonostante le scuole siano destinate a rimanere chiuse.

Marcus Rashford, allora, si muove per fare in modo che ne venga estesa la validità per tutta l’estate. Lui, che durante i mesi di quarantena ha indetto un telematico concorso di poesia per bambini, non può restare indifferente nei confronti di una situazione drammatica per tante, troppe famiglie. Lui, che sa benissimo di avere un ruolo sociale prima ancora che in campo, presta la sua voce a quelle persone che non ne hanno. O meglio: rende la sua notorietà un’enorme lavagna per diffondere messaggi che altrimenti sarebbero scritti sulla sabbia e cancellati dal mare.

La sua campagna si unisce a FareShare, un ente di beneficenza che contrasta la fame e lo spreco di cibo in Inghilterra. Con donazioni e sensibilizzazione, Rashford riesce ad accrescere la consapevolezza su una grossa problematica sociale; inoltre, scrive una lettera aperta ai parlamentari inglesi al “grido” di #MakeTheUTurn (“Fate l’inversione a U”).

La lettera
In questa lunga lettera, Rashford mette per iscritto la sua storia e la intreccia a quella di milioni di altri in Inghilterra.

La mia storia per arrivare qui è quella di molte altre famiglie in Inghilterra: mia madre lavorava a tempo pieno, guadagnando il minimo indispensabile per permetterci di avere un pasto in tavola. […]

Come famiglia, ci affidavamo ai centri pre-scuola dove poter fare colazione prima delle lezioni, ai pasti scolastici gratuiti e alle gentilezze di vicini e allenatori. Banchi alimentari e mense dei poveri non ci erano estranei: ricordo distintamente le visite a Northern Moor per mettere insieme la nostra cena di Natale ogni anno.

Passa, poi, alla richiesta di unire gli sforzi indipendentemente dal colore politico e sotto l’egida dell’umanità.

Come molti di voi sanno, da quando c’è la chiusura delle città e delle scuole, collaboro con FareShare per  sopperire a parte della carenza di pasti scolastici gratuiti. Sebbene la campagna distribuisca tre milioni di pasti a settimana alle persone più deboli in tutta l’Inghilterra, riconosco che non è abbastanza.

Qui non si tratta di politica; si tratta di umanità. Si tratta di guardarci allo specchio e sentire di aver fatto tutto il possibile per proteggere coloro che, per svariati motivi, non possono farlo da soli. Al di là dell’appartenenza politica, come possiamo non concordare tutti sul fatto che nessun bambino deve andare a dormire affamato?

A questo punto dà voce a chi solitamente non riesce a farsi sentire…

Vi sto chiedendo di ascoltare le loro storie, dato che ho ricevuto migliaia di testimonianze di persone che soffrono. Ho ascoltato padri dirmi che stanno combattendo contro la depressione, incapaci di dormire perché preoccupati di come sostenere le proprie famiglie dopo aver perso il lavoro all’improvviso; presidi che stanno personalmente pagando i pasti alle loro famiglie in difficoltà dopo che la carta di debito scolastica ha raggiunto il limite; madri che non possono permettersi l’aumento dei costi dell’elettricità e del cibo durante la quarantena; genitori che stanno sacrificando i loro stessi pasti per i figli.

…non dimenticandosi mai da dove viene.

Genitori come i miei si affiderebbero ai centri estivi per dare ai loro figli uno spazio sicuro e almeno un pasto mentre loro lavorano. Oggi i genitori non hanno questa possibilità. Se messi di fronte alla perdita del lavoro, genitori come i miei si recherebbero per prima cosa al centro per l’impiego per trovarne un altro e poter sostenere le loro famiglie. Oggi non ci sono lavori.

Come uomo Nero proveniente da una famiglia a basso reddito di Wythenshawe, Manchester, io sarei potuto essere un’altra statistica. Invece, grazie all’altruismo di mia madre, della mia famiglia, dei miei vicini e dei miei allenatori, le sole statistiche cui sono associato sono gol, presenze e convocazioni. Farei un torto a me stesso, alla mia famiglia e alla mia comunità se oggi non fossi qui con la mia voce e la mia notorietà a chiedervi aiuto.

Conclude con un accorato appello:

Il Governo ha avuto un approccio di difesa dell’economia a tutti i costi. Vi sto chiedendo oggi di estendere quello stesso modo di pensare alla protezione di tutti i bambini vulnerabili in Inghilterra. Vi esorto ad ascoltare le loro richieste e a trovare la vostra umanità. Per favore, riconsiderate la decisione di eliminare i buoni pasto durante le vacanze estive ed estendeteli.

Questa è l’Inghilterra nel 2020 e questa è un’emergenza che richiede soluzione urgente. Quindi, mentre gli occhi della Nazione sono su di voi, fate un’inversione a U e rendete la protezione dei più deboli una massima priorità.

Covid Summer Food Fund

Il 25 giugno il governo inglese decide di ribaltare la sua decisione e di prorogare la validità del programma per i buoni pasto, istituendo il Covid Summer Food Fund, uno stanziamento di 120mln di sterline per garantire pasti ai bambini in difficoltà durante la chiusura estiva delle scuole. Marcus Rashford ha smosso coscienze, pensieri, durezze e ha avuto la meglio sulla legge dei soldi.

Il calcio per il sociale

Ci sono situazioni, quindi, in cui il calcio esce dal campo e migra nel mondo, intrecciandosi con molto altro. Marcus Rashford ha travalicato i confini del rettangolo verde e si è imposto al di fuori come un esempio da cui trarre ispirazione.

Per questo l’Università di Manchester quest’estate gli ha conferito una laurea honoris causa per il suo impegno sociale e la sua sensibilità. A soli 22 anni è il più giovane in Inghilterra a ricevere un simile riconoscimento.

Un premio è arrivato anche dall’AssoCalciatori inglese, che ha riconosciuto a Rashford il grande valore delle sue azioni.

Dopo l’estate

Un titolo di cui sicuramente Rashford farà tesoro è quello conferitogli direttamente dalla Regina Elisabetta, la quale il 9 ottobre l’ha insignito del MBE, il Member of the Order of the British Empire.

Con le scuole riaperte e l’emergenza sanitaria che non accenna ad allentarsi, tuttavia, il problema alimentare si è attenuato per un po’ ma è tornato in auge con le vacanze di metà quadrimestre. Il periodo varia da regione a regione, ma per la maggior parte delle scuole la chiusura sarà di quattro giorni tra il 19 e il 30 ottobre.

Pochi giorni fa, quindi, Rashford ha aperto una petizione per far sì che il Governo inglese proroghi la validità delle misure alimentari, ne aumenti l’inclusività e promuova attività per contrastare la fame nei bambini svantaggiati durante le vacanze.

Tra una partita e l’altra, il giocatore dello United ha reso i suoi profili social l’eco rumorosissima delle voci di milioni di famiglie in difficoltà. Questa volta, però, i suoi sforzi sono stati inascoltati: il 21 ottobre scorso il Governo inglese ha bocciato la sua proposta.

Come avviene anche nel calcio, però, da una sconfitta può nascere una vittoria. Migliaia di ristoranti, pub, bar ed esercizi commerciali in tutta l’Inghilterra si sono schierati al fianco di Rashford e si sono detti disponibili a offrire pasti gratuiti alle famiglie svantaggiate. L’attaccante inglese, allora, ha reso la sua bacheca sui social una mappa condividendo e localizzando ogni attività che ha aderito all’iniziativa.

Il lieto fine, almeno teorico, c’è. Il calcio ha prepotentemente varcato i confini dello sport e si è fatto veicolo di un messaggio più potente: quello dei valori.

“Altruismo, gentilezza, comunità: questa è l’Inghilterra che conosco”. Quel 10 sulle spalle Marcus Rashford se lo è guadagnato anche nella vita.