Maldini e la mentalità del campione. Parole forti e una risposta quanto mai necessaria

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(Photo by Maurizio Lagana/Getty Images)

Neppure il tempo di rilassarsi dopo l’estenuante finale di campionato, condito con la gioia irrefrenabile per la conquista del 19esimo Scudetto, che, in casa Milan, si torna seri e con i volti meno sorridenti rispetto a giorni fa. Motivo? Le dichiarazioni di Paolo Maldini, pubblicate quest’oggi da La Gazzetta dello Sport dove, come ormai noto in queste ore, non sono mancate parole forti rivolte verso la proprietà.

Maldini
(Photo by Chris Ricco/Getty Images)

L’estratto che più ha fatto discutere è sicuramente questo: “Devo dire che per il nostro percorso e per ciò che è successo in passato anche durante il periodo di crisi con Rangnick, trovo poco rispettoso il fatto che a oggi l’amministratore delegato ed Elliott non si siano neanche seduti a parlare con noi. Dico solo a parlare. Perché loro potrebbero anche dirci “il vostro lavoro non è stato abbastanza buono per continuare. Come ho detto a suo tempo a me piace essere una sorta di garanzia per il milanista. Io non sono la persona giusta per fare un progetto che non ha un’idea vincente. Non potrei mai farlo. La realtà è che la proprietà non si è mai seduta al tavolo e questa cosa non va bene”.

Eh sì. Paolo Maldini non le ha mai mandate a dire. Non lo ho ha fatto da calciatore quando fronteggiava vis-à-vis i tifosi. Non lo ha fatto da ‘bandiera’, mentre vedeva tracollare il grande Milan di cui era stato immagine di gloria e trionfo e dichiarava (alla Gazzetta dello Sport nel 2014, ndr): “L’impressione è che si sia buttato via ciò che è stato costruito con fatica negli ultimi 10 anni. Questo mi fa molto male. Il Milan ha avuto la fortuna di avere più cicli vincenti con simili sinergie di uomini, io so quanto lavoro c’è stato dietro a tanti trionfi, che cosa ci è voluto per costruire una storia così bella. Vedere tutto distrutto mi fa impazzire”.

Il tifoso, giustamente, ha la testa al trionfo appena conquistato appena cinque giorni fa ma, Paolo Maldini, sa bene quanto è stata lunga la scalinata che ha (ri)portato il suo Milan al successo. Una scalinata che, dal suo ritorno in società, è passata dal silenzioso ‘tirocinio’ al fianco di Leonardo. Dai dissapori iniziali con l’ad Ivan Gazidis all’addio di uno dei suoi più fidati collaboratori, nonché compagno di un’epoca: Zvonimir Boban. Maldini ha vissuto e lavorato senza sosta per il Milan, al fianco di Ricky Massara e di tutti coloro che hanno contribuito al trionfo. E’ rimasto alla guida delle dirigenza anche quando l’ombra di Rangnick incombeva su lui e Pioli. Ha accolto con piacere il cambio di strategia di Gazidis e ha lavorato seguendo la linea impartitagli dalla proprietà: sostenibilità prima di tutto.

La sostenibilità, inevitabile di questi tempi, impone un altro tipo di approccio, composto di idee, programmazione e tanta pazienza. Maldini ha costruito la squadra più giovane degli ultimi 20 anni a vincere lo Scudetto. Con poco budget a disposizione, ha fatto lavorare le idee, coadiuvato dal silenzioso ma fondamentale apporto di Massara e Moncada. Maldini è rimasto fermo sulle proprie convinzioni, ed elegante nel proprio lavoro, anche quando le cose non gli erano chiare fino in fondo e il club veniva escluso dalle competizioni Uefa. Neppure quando, sopra la sua testa, si pensava alla Superlega senza che lui ne fosse al corrente. Maldini ha continuato a lavorare alacremente e in silenzio anche quando, dopo il ritorno in Champions League, sperava in un margine di manovra più ampio sul mercato.

Maldini
(Photo by MARCO BERTORELLO/AFP via Getty Images)

Ora Maldini ha vinto, ma non presenta il conto, anzi. Fa semplicemente quello che ha sempre fatto Maldini, il campione. Il campione che sa bene che, un successo, deve essere l’anticamera di altri successi e non un singolo anno di gioia da raccontare ai nipoti. Nelle sue parole assumono rilevanza tre particolari concetti: passato, rispetto e garanzia per il tifoso milanista. Per non commettere gli errori del passato, Maldini vuole di più. Così come vuole rispetto per il lavoro portato avanti dalla squadra dirigenziale che ha accettato le linee della proprietà dei Singer e le ha trasformate in modus operandi efficace. Infine, soprattutto, Maldini vuole garanzie per il futuro. Vuole rivedere il suo Milan primeggiare anche in Europa. Con uno scudetto in mano e senza peli sulla lingua, coerentemente con quello che è stato Paolo Maldini per il Milan e per il calcio. Ora Maldini vuole risposte e una nuova base su cui programmare un futuro più vincente. Elliott – o RedBird – è chiamata ad una risposta all’altezza di Maldini. Perchè, rispondere a Maldini, vuol dire rispondere ai quasi 2 milioni di tifosi che si sono riversati a San Siro in stagione per spingere la squadra verso il trionfo, per poi celebrarla per le strade di Milano.