L’ultimo saluto a Paolo Rossi
Al Duomo di Vicenza il mondo del calcio, e non solo, si è riunito per dire addio a Paolo Rossi.
L’ultimo saluto al grande campione
Durante il corteo verso il Duomo tanti i cartelloni e i messaggi di cordoglio su finestre, cancelli, balconi, alberi. L’arrivo del feretro poi è stato accolto dai tifosi che hanno acclamato Pablito in una palpabile commozione.
Tardelli, Cabrini, Antognoni e Collovati hanno portato la bara all’interno del Duomo di Vicenza. Il presidente Gravina, sul feretro, ha deposto una maglia della Nazionale con il numero 20.
Alla cerimonia, dato le restrizioni a causa del Covid-19, è stato concessa la partecipazione a sole 250 persone. Tanti i commoventi saluti degli ex compagni, della moglie e del mondo del calcio prima, durante e dopo la funzione.
Il toccante saluto di Cabrini
“Non ho perso solo un compagno di squadra, ma un amico e un fratello. Insieme abbiamo combattuto, vinto e a volte perso, sempre rialzandoci anche davanti alle delusioni. Siamo stati parte di un gruppo, quel gruppo, il nostro gruppo. Non pensavo ti saresti allontanato così presto, ma che avremmo camminato ancora tanto insieme. Già mi manchi, le tue parole di conforto, le tue battute e i tuoi stupidi scherzi. Le tue improvvisate e il tuo sorriso. Mi manca proprio tutto di te. Oggi voglio ringraziarti perché se sono quello che sono lo devo anche al meraviglioso amico che sei stato. Io non ti lascerò mai, ma tu stai vicino a tutti noi, come io starò vicino a Federica e ai tuoi figli. Ma tu resta vicino a me.”
Sempre Cabrini, accanto al figlio di Paolo, Alessandro, insieme a Conti, Gentile e Antognoni, ha portato la bara all’esterno del Duomo alla fine della funzione tra gli applausi e i cori della gente. Sul feretro, oltre alla maglia della Nazionale, una sciarpa del Vicenza.
“Paolo era delle gente”, il commovente saluto della moglie Federica
“Paolo si dava molto alle persone, era un uomo semplice e generoso e ho ritenuto opportuno aprire il mio dolore che racconta anche la grandezza di Paolo, i suoi sentimenti, la sua voglia di essere uno tra i tanti. Ho ritenuto giusto non chiudermi, anche se a volte mi costa fatica perché sento un dolore forte, è doloroso ricordare certe cose, fa male perché sono ancora tanto fresche, ma è giusto così perché Paolo era della gente, è giusto che lo ricordino per la sua grandezza, ma anche in questa fase di profonda sofferenza che ha avuto nell’ultimo periodo, amava il lavoro che faceva, apprezzava voi giornalisti, quindi è giusto così. E’ giusto dare a tutti come avrebbe fatto lui, io sono un po’ quello che ha creato Paolo, perché lui mi ha cambiato tanto, mi ha insegnato tanto, mi ha insegnato ad avere coraggio e ad affrontare anche i problemi con il sorriso“