Liverpool-Milan, Crespo e Ambrosini raccontano Istanbul e Atene

Massimo Ambrosini

(Photo by Fabrizio Carabelli via Imago)

Non poteva esserci ritorno in Champions League con un valore maggiormente simbolico, per il Milan che questa sera affronta il Liverpool. Alla Gazzetta dello Sport, sono intervenuto Crespo e Ambrosini, due ex rossoneri che hanno vissuto in prima persona le finali di Istanbul e Atene.

Milan, Crespo: “Il più grande dolore della mia carriera”

E’ stato il più grande dolore della mia carriera da calciatore. Mai vissuto qualcosa di simile, né prima, né dopo. Non potete nemmeno immaginare che cosa ho provato. Vi basti un dettaglio: non ho più voluto rivedere la partita. Ci ho messo degli anni prima di riuscire a sopportare quelle immagini. E’ stata una coltellata a freddo, ecco il paragone che mi viene da fare. E poi, dopo la sconfitta, ho sentito tante di quelle idiozie… Hanno detto che nell’intervallo stavamo già festeggiando. Ma chi si è inventato una cosa simile? Eravamo carichi, ci incitavamo a vicenda, e Ancelotti ci disse chiaramente di stare attenti perché le squadre inglesi non sono mai morte. E appena rientrati in campo, andate a rivedervi la partita, abbiamo il pallone del 4-0. Ma poi si è spenta la luce, il motore non ha più funzionato per sei minuti e il Liverpool ci ha rimontato. Cose imprevedibili.  I miei compagni hanno avuto la possibilità di rifarsi due anni dopo ad Atene, io no. Quella sconfitta contro il Liverpool la sento ancora sulla pelle“.

Milan, Ambosini: “Atene significa goduria”

A Istanbul Ambrosini era indisponibile per infortunio. Due anni dopo, però, era presente ad Atene: “Cosa significa Atene? La Champions League, è chiaro. E poi vittoria, dolore, sofferenza, rivincita, rinascita e… goduria. Noi da un punto di vista tecnico e fisico non eravamo in un momento ottimale. Quel Milan aveva espresso il calcio migliore fino alla semifinale e ad Atene non siamo arrivati al top. La sofferenza è stata figlia anche di questo. Siamo stati bravi a capirlo e a fare una partita gestendola molto. Abbiamo rischiato di prendere gol più di loro, è vero, ma siamo rimasti sul pezzo e poi siamo stati premiati anche dalla fortuna. Il succo di quella finale ovviamente era costituito dal fatto che incontravamo l’avversario che due anni prima ci aveva beffato. Quindi c’era anche una gestione particolare della rabbia e della tensione. Però Berlusconi in ritiro fu eccezionale nel portare ottimismo e un po’ di calma. Il suo approccio a un grande evento infonde sicurezza”