L’Italia di Mancini e quel progetto nato studiando Sarri
L’Italia vince, convince e conquista numeri importanti: battendo la Bosnia, il tecnico Mancini supererebbe Fabbri e Vicini.
Una vittoria in Bosnia, priva di Dzeko (positivo al Covid-19) darebbe tanto alla Nazionale. In primis la qualificazione alla Final Four di Nations League. Ve le immaginate Italia, Francia, Belgio e una tra Germania e Spagna a San Siro a competere per un trofeo con lo stadio pieno? Roba da brividi, dovremmo provare per superare le privazioni di questi giorni ad immaginare di più il futuro, a ricordarci che quest’incubo non sarà eterno, terminerà con un mondo da reinventare.
Un successo contro la Bosnia, come già detto, consentirebbe a Mancini di scavalcare Vicini e Fabbri al giro di boa delle 28 partite. Tutto ciò lavorando da casa negli ultimi 15 giorni, seguendo la partita in “smart working” e interagendo con Evani e Gianluca Vialli.
Ora scorre tutto facile ma provate a tornare al 14 maggio 2018, quando Mancini diventò il commissario tecnico della Nazionale. All’epoca era ancora in corso il dibattito sull’Italia di Ventura esclusa dal Mondiale di Russia, e alle porte vi era la Nations League e la preoccupazione di dover evitare la retrocessione in Lega B.
Mancini cominciò a studiare il progetto tecnico per la sua squadra. In quegli anni, in Serie A, era inevitabile osservare il Napoli di Sarri che ha sfiorò lo scudetto attraverso il bel gioco. L’allenatore toscano tentò di mettere fine alla supremazia della Juventus, attraverso una proposta di calcio offensivo.
Jorginho era il regista di quella squadra, Insigne la guida offensiva, il “cervello pensante” tra le linee. Il 4-3-3 era il modulo di riferimento, la squadra era corta e compatta e sviluppava il palleggio attraverso la ricerca dei triangoli, soprattutto sulle catene laterali. L’Italia di Mancini, a differenza di quel Napoli di Sarri, cerco lo sviluppo prevalentemente sulla corsia destra, la linea difensiva è abbastanza alta ma la ricerca del pressing offensivo e della difesa in avanti è un po’ meno ossessiva .In quei giorni nacque l’Italia del presente nei colloqui tra Mancini, Salsano e tutti i suoi collaboratori, immaginando la Nazionale del futuro.
In due anni una sola sconfitta sul campo del Portogallo, poi la qualificazione agli Europei con tre giornate d’anticipo come non era mai accaduto in passato. Le undici vittorie consecutive battendo il record di Pozzo. Una difesa solida, nessuno ha fatto all’Italia più di un gol e Donnarumma e compagni hanno portato a casa undici clean-sheet. Si tratta di un progetto ampio con 32 debuttanti, tanti giovani, da Zaniolo a Kean, dallo stesso Donnarumma a Bastoni, passando per Barella e Locatelli. La qualità al potere, del resto un fantastico numero 10 come Mancini non poteva costruire una squadra che puntasse al dominio della partita, amante della bellezza, che è riuscita a far affezionare nuovamente gli italiani alla propria Nazionale senza aver ancora disputato un grande evento come l’Europeo o il Mondiale.
Non ci sono i top player come Mbappè, Cristiano Ronaldo o Messi ma c’è un collettivo che ragiona da squadra e ha il diritto di essere ambizioso. La mole di gioco prodotta autorizza a cercare una maggiore incisività negli ultimi venti metri rispetto a quanto visto fino a questo momento. Forse manca un grande centravanti, come quelli ammirati in passato. Una cosa però è certa: con questa Nazionale ci si può divertire.