La Liga

L’intervista integrale a Messi: “Qui non c’è progetto né niente”

Leo Messi ha spiegato in un’intervista esclusiva a Goal (in dialogo con Rubèn Urìa) tutto ciò che ha vissuto nelle ultime settimane e la sua decisione finale di restare al Barcellona, rilasciando tra le sue riflessioni una critica frontale a Josep Maria Bartomeu.

Qui di seguito l’intervista integrale, tradotta in italiano.

“Ho detto al club, soprattutto al presidente, di volermene andare. L’ho detto dall’inizio dell’anno. Credevo fosse il momento di farsi da parte. Credevo che il club necessitasse di gente più giovane, di gente nuova e pensavo che fosse finito il mio percorso al Barcellona, con molto dispiacere perché ho sempre detto di voler finire qui la mia carriera. È stato un anno molto complicato, ho sofferto molto negli allenamenti, nelle partite e nello spogliatoio. È diventato molto difficile per me ed è arrivato un momento in cui ho considerato di cercare nuovi obiettivi e di cambiare aria.
Non è stato a causa della sconfitta in champions contro il Bayern, pensavo a questa decisione da molto tempo. Gliel’ho detto al presidente e bene, il presidente ha sempre detto che a fine stagione avrei potuto decidere se restare o andarmene e alla fine non ha mantenuto la sua parola”. Le critiche a Bartomeu e alla sua giunta non si fermano qui. L’argentino fa notare che “da tempo non c’è né progetto né nulla, continuano a destreggiarsi e a tappare buche mentre tutto il resto va avanti”.

La decisione

Chiaro che mi è costato molto decidere. Non è per il risultato della partita contro il Bayern, è per tante cose. Ho sempre detto di voler restare qui e terminare la carriera qui. Che volevo un progetto vincente e vincere trofei per continuare ad ingrandire la leggenda del Barcellona a livello di titoli. E la verità è che da tempo non c’è né progetto né niente, continuano a destreggiarsi e a tappare buche mentre tutto il resto va avanti. Come ho detto ho sempre pensato al bene della mia famiglia e del club.

Perché tanta attesa per parlarne?

Anzitutto perché dopo la sconfitta di Lisbona è stata molto dura. Sapevamo che era un rivale temibile, ma non che doveva finire in quella maniera, dando quell’immagine così povera per il club e per il barcellonismo. Abbiamo dato un’immagine troppo brutta. Sono stato male, non volevo niente. Volevo solo che il tempo passasse per riuscire a chiarire tutto.

I motivi del burofax

Il burofax è stato per rendere la mia decisione in qualche modo ufficiale. Per tutto l’anno ho detto al presidente che volevo andarmene, che era arrivato il momento di cercare nuovi obiettivi e nuove direzioni nella mia carriera. Lui mi ha detto tutto il tempo: “ne parleremo, senz’altro”, però niente. Il presidente non dava importanza a quello che stavo dicendo. Mandare il burofax significava rendere ufficiale la mia volontà di andarmene. Non era per mettere zizzania, né per andare contro il club, se non per ufficializzare la decisione presa.
Se non mando il burofax è come se non fosse successo nulla, significa che voglio restare utilizzando l’anno opzionale che avevo. Loro dicono che avrei dovuto dirlo entro il 10 giugno, ma eravamo nel pieno di tutte le competizioni e non era il momento. E poi il presidente mi ha sempre detto: “quando finisce la stagione decidi se restare o andar via”, non era mai stata messa una data, semplicemente era per ufficializzare al club che non sarei rimasto, non per iniziare una battaglia legale, perché non volevo una battaglia legale con il club.

Convinti della clausola

Torniamo al principio, io pensavo ed eravamo sicuri che fossi libero di andarmene, il presidente ha sempre detto che a fine stagione potevo decidere di restare o no e ora si aggrappano al fatto che non l’ho detto prima del 10 giugno quando mi risulta che il 10 giugno eravamo in corsa per la Liga e in mezzo a questo virus di merda che ha scombussolato tutte le date. Ed è questo il motivo per il quale resto al Barça, perché il presidente mi ha detto che l’unica maniera di andarmene era pagare la clausola da 700 milioni, il che è impossibile, e che l’altra maniera era iniziare una battaglia legale. Io non andrò mai in tribunale contro il Barça perché il Barça è il club che amo, che mi ha dato tutto fin dall’inizio, è il club della mia vita, ho qui la mia vita, il Barça mi ha dato tutto e io ho dato tutto al Barça, non mi è mai passato per la testa di portare il Barça in tribunale.

Ti sei sentito solo?

No, non mi son sentito solo. Ci sono sempre state persone dalla mia parte. Questo mi basta e mi fortifica. Però mi ha fatto male sentire le cose della gente, dei giornali, di gente che ha messo in dubbio il mio barcellonismo e dicendo cose che non mi meritavo. Mi è servito anche per vedere chi è chi. Il mondo del calcio è molto difficile e c’è tanta gente falsa. Quello che è successo mi è servito per riconoscere tanta gente falsa di cui aveva un’altra considerazione. Mi ha fatto male quando è stato messo in dubbio il mio amore per questo club. Che io me ne vada o che resti, il mio amore per il Barça non cambierà mai.

Cos’è che ti ha fatto più male?

Un po’ di tutto, gli amici di Messi, i soldi…mi hanno fatto male tante cose che son state dette. Ho sempre anteposto il club a qualsiasi altra cosa. Ho avuto la possibilità di lasciare il Barça tante volte. Il denaro? Tutti gli anni potevo andarmene e guadagnare più soldi che al Barcellona. Ho sempre detto che questa era la mia casa, è quello che sentivo e che sento. Meglio di qui è difficile. Ma sentivo la necessità di un cambiamento, di nuovi obiettivi e cose nuove.

E ti ha fatto male il fatto che si dubiti del tuo barcellonismo?

Mi ha fatto molto male che siano state pubblicate cose contro di me e soprattutto cose false. O che si sia arrivati a pensare che potessi portare il Barça in tribunale per poterne trarre beneficio. Non avrei mai fatto una cosa del genere. Ripeto, volevo andarmene ed era un mio diritto, perché era scritto nel contratto. E non è “me non è vado ed è fatta”. Era “me ne vado e mi costa tantissimo”. Volevo andarmene perché pensavo di vivere felice i miei ultimi anni da calciatore. In quest’ultimo anno non ho trovato felicità dentro il club.

Hai provato rabbia?

Mi ha fatto molto male che si sia dubitato del mio barcellonismo con quanto sono grato a questo club. Lo amo e da nessun’altra parte starò meglio che qui. Ma ho comunque il diritto di poter decidere. Andavo a caccia di nuovi obiettivi e nuove sfide. E un domani sarei potuto tornare, perché qui a Barcellona ho tutto. Mio figlio, la mia famiglia, son cresciuti qui e sono di qui. Non c’era nulla di male ad andarsene ora. Ne avevo bisogno io, ne aveva bisogno il club ed era un bene per il club e per tutti.

Cosa deve cambiare nel Barça?

Resto al Barça e non cambierò la mia attitudine perché volevo andarmene. Darò il meglio. Voglio sempre vincere, sono competitivo e non voglio mai perdere. Voglio sempre il meglio per il club, per lo spogliatoio e per me. L’ho detto in un momento che non ci dava la possibilità di vincere la champions. E a dir la verità, non so cosa succederà ora. C’è un allenatore nuovo e una nuova idea di gioco. Questo è buono, ma bisogna vedere come risponde la squadra e se sarà competitiva. Quello che posso dire è che resto e che darò il massimo.

Un messaggio di ottimismo per i tifosi?

Come sempre. Darò il massimo, daremo il massimo per lottare per tutti gli obiettivi e spero di poterli dedicare alla gente che ha sofferto. Io sono stato male quest’anno, ma sarebbe ipocrita dirlo se confrontato con chi ha sofferto per il virus, con chi ha perso i propri familiari e che ha perso tante cose. Spero di poter dare il meglio e dedicare le vittorie a tutta quella gente che ci accompagna da lassù e ai loro familiari, per poter augurare il meglio a tutta quella gente che sta soffrendo, nella speranza di superare una volta per tutte questo virus e tornare alla normalità.

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Published by
Davide Depascale