Levante, Lisci: “Dal nulla sono arrivato in Liga”
Alessio Lisci, giovane allenatore italiano da 10 anni in Spagna e oggi tecnico del Levante, ha raccontato la sua storia e il debutto a La Gazzetta dello Sport: “Dentro di me ho sensazioni contrastanti, un sapore agrodolce. La felicità per il debutto è limitata dal mancato arrivo della vittoria. Abbiamo giocato bene, creato occasioni e preso un palo. Secondo me ci sono stati dei miglioramenti, però ho fatto solo quattro allenamenti e si può immaginare lo stato mentale dei giocatori dopo 24 partite senza vittoria. Sapevo che era una situazione difficile. E ora? Aspetto. Finché nessuno mi dice di tornare col ‘filial’ continuo con la prima squadra. Ieri ho diretto l’allenamento e ho anche visto il presidente che però non mi ha comunicato novità. Evidentemente stanno riflettendo, la situazione è molto aperta”
Lisci si presenta: “Sono romano, ho giocato in D a Guidonia e poi sempre in Promozione. Mi sono laureato facendo la triennale allo Iusm e poi la specialistica in scienze e tecniche dell’allenamento. Ho iniziato a lavorare alla Lazio, come coordinatore motorio di pulcini e poi esordienti, e mi sono iscritto al programma Leonardo per uno stage all’estero retribuito. All’ultimo momento è saltato tutto e ho scritto ai 20 club della Liga per sapere se avevano posto nella cantera. Rispondono Atletico Madrid e Levante, ma il primo poteva prendermi solo coi ragazzini del calcio a 7, così sono arrivato a Valencia. Lavoravo come secondo di Miguel Angel Villafaina, e nel 2016 è stato esonerato. Io con lui, così sono tornato a Roma. Ma pochi mesi dopo dal Levante mi hanno richiamato per darmi il Juvenil B, e sono ancora qui. I primi due anni mi mantenevo vendendo prodotti alimentari nostrani ai ristoranti italiani di Valencia”
Il debutto: “Ho fatto i biglietti ai miei genitori, sono venuti anche mio cugino e un paio di amici, il debutto andava celebrato: è stato il coronamento di un lungo percorso dal nulla alla Liga, mica un campionato qualsiasi. Il prepartita è stato emozionante, poi una volta in campo mi sono dimenticato che ero con la prima squadra e non col “filial”. E la cosa più bella è arrivata dopo: ho ricevuto tanti tanti messaggi dall’Italia, di allenatori giovani che vedono nella mia storia un messaggio di speranza, uno stimolo per continuare. Mi sento orgoglioso”.