Lazio, senti Luis Alberto: “Io leader ma mi manca Milinkovic. Sarri e mercato, vi dico tutto”
Luis Alberto, centrocampista e leader della Lazio di Maurizio Sarri, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere dello Sport. Ecco gli estratti più significativi.
Lazio, le parole di Luis Alberto
LEGAME CON LA LAZIO – “Per me la Lazio è tutto, è la seconda casa. Roma sarà per sempre la mia seconda casa, ne ho una di proprietà anche per questo motivo. I miei figli vogliono restare qui, sono romani. In estate hanno trascorso un mese in Spagna, non vedevano l’ora di rientrare a Roma.
“Dicono che questo è il loro posto. Mia moglie è felice, ed è la cosa più importante. Qui abbiamo tutto quello che desideriamo. Ci sono stati momenti in cui ho veramente pensato di andar via: lo scorso dicembre e il primo anno, quando non trovavo spazio. Parlai con Inzaghi prima di partire per Auronzo: “Mister, voglio andare in Spagna e ricominciare un’altra volta nel mio Paese”.
“Lui dopo cinque minuti rispose: “No, no, ti faccio diventare play”. Per ora è una Lazio un po’ confusa. Io mi aspetto buone cose dopo la vittoria sul Torino, un passaggio fondamentale, crisi evitata”.
MILINKOVIC-SAVIC – “Non mi sono liberato dalla partenza di Milinkovic-Savic, e non è che non mi manchi un po’. Pe rò è vero che nei sette anni passati insieme eravamo noi a doverci prendere delle responsabilità, mentre adesso, con tanti nuovi, devo fare per due”.
“È un ruolo che mi sono preso io, da solo, perché penso che così debba essere. Sono nella Lazio da anni, oggi mi sento più maturo, completo, devo aiutare un po’ di più”.
Mercato e rapporto con Sarri
SARRI – “Il nostro era un rapporto un po’ strano. La squadra stava giocando senza di me e, giustamente, io volevo il campo. Gli chiesi se potevo andare in prestito per sei mesi. Anche per prendermi un po’ di responsabilità, andar via mi avrebbe aiutato, avrebbe aiutato me e il Cadice”.
“Io e Sarri siamo molto simili, proprio per questo abbiamo vissuto momenti un po’ così. La mia testa andava da una parte, la sua da un’altra. Un allenatore deve pensare al bene del gruppo e non tutti gli allenatori, in certi momenti, sanno gestire alcuni giocatori. Ne abbiamo parlato, tranquillamente. L’anno scorso si è presentato dopo dieci giorni, senza aver visto nessuno, per la preparazione di novembre e dicembre, con il campionato fermo per il Mondiale”.
“Io volevo il Cadice, ritrovare la migliore condizione fisica, giocare. Lui avrà notato qualcosa di diverso in me e mi ha detto “tu non vai da nessuna parte, se ti alleni bene giochi sempre”. Da gennaio in avanti è cambiata la musica e anche la mia testa”.
“Si deve imparare un po’ da tutti. Anche quando stavo male con lui, parlando di calcio con gli amici spiegavo di averlo aiutato a capire qualcosa. Ma è soprattutto lui che mi ha aiutato a diventare un giocatore più forte, completo”.
“Grazie a Sarri sono cresciuto tatticamente, nelle fasi di non possesso e difensiva. Era quello che mi mancava, oggi mi sacrifico di più senza perdere lucidità e brillantezza”.
MERCATO – “Tutti dicevano un sacco di cose: vuole andar via, vuole il Siviglia e tornare in Spagna, ma io non ho mai detto alla società di volermene andare al 100%”.
“Ho spiegato che avevo qualcosa in mano e che se era anche nel loro interesse sarei partito volentieri. Il Cadice è un discorso diverso, non è attuale, è la squadra del mio paese, sono le mie radici”.