Caso Lazio, i rischi del club e la dicotomia di analisi tra Uefa e FIGC
Negli ultimi giorni, la Procura Federale guidata dal pm Giuseppe Chiné, ha aperto un’inchiesta sulla Lazio, relativamente al caso dei tamponi che tanto sta facendo discutere e che, inevitabilmente, ha aperto un dibattito sulle differenze di analisi tra Uefa e FIGC sul rilevamento dei contagiati da Covid, creando rischi di divergenze procedurali. Il club ha riferito di non avere alcun timore in merito, rivalendosi di un assoluto rispetto delle norme. La macchina investigativa degli organi competenti è stata messa in moto e, a questo punto, ecco i rischi che corre la Lazio, qualora vengano appurate irregolarità nel corso dell’inchiesta.
Come nasce la vicenda
Innanzitutto, è opportuno ricordare che la vicenda inizia il 27 ottobre. I biancocelesti, alla vigilia del match di Champions contro il Club Brugge, riscontrano numerose positività al Covid tra i giocatori. In sostanza, esplode un vero e proprio focolaio all’interno dello spogliatoio della Lazio. Il club, inevitabilmente, dispone nuovi controlli al fine di avere una verifica definitiva dei calciatori contagiati. La Procura della FIGC, come da procedura, ha celermente richiesto un quadro preciso della situazione, intrattenendosi in un prolungato colloquio con il presidente Lotito. Ciò che ha fatto scattare l’allerta e, consequenzialmente, l’apertura di un’inchiesta più approfondita, riguarda l’anomalia delle convocazioni dei giocatori coinvolti.
Infatti, per la trasferta di Bruges, Immobile, Lucas Leiva, Strakosha, Luis Alberto, Lazzari e Anderson non rientrano nella lista dei convocati. Seppur non pervenga alcun comunicato ufficiale da parte del club, il responsabile sanitario Ivo Pulcini riferisce di alcune positività in corso di verifica con la società. Appena quattro giorni dopo l’impegno europeo, Immobile, Lucas Leiva e Strakosha tornano a disposizione di Simone Inzaghi, per la trasferta contro il Torino. Di conseguenza, i giocatori erano da considerarsi negativi e, pertanto, schierabili. Dopodiché, in vista del nuovo match di Champions League contro lo Zenit San Pietroburgo, incredibilmente Immobile, Lucas Leiva e Strakosha tornando indisponibili e, di conseguenza, fanno presagire una positività al Coronavirus ancora presente. Ecco nel dettaglio cosa dice la norma, ossia, i rischi che corre la Lazio qualora l’inchiesta riscontrasse violazioni normative.
Cosa dice la norma
La grottesca anomalia non passa inosservata alla FIGC che, a questo punto, vuole comprendere se ci siano state violazioni del protocollo. Gli ispettori hanno già acquisito i referti dei tamponi effettuati e, qualora emergessero gravi trasgressioni della norma, il club potrebbe rischiare grosso. Difatti, stando al codice di giustizia sportiva, si apprende che “in caso di violazione, a carico della società responsabile si applicano, a seconda della sua gravità, le sanzioni di cui all’articolo 8 che vanno dall’ammenda, alla penalizzazione, alla retrocessione all’ultimo posto fino all’esclusione dal campionato. La gravità della violazione è valutata in funzione del rischio per la salute dei calciatori, degli staff, degli arbitri e di tutti gli addetti ai lavori esposti al contagio da Covid-19, nonché dell’accertata volontà di alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione”.
Dal club biancoceleste, inevitabilmente, viene rigettata ogni insinuazione relativa ad un illecito, riferendo di differenze di parametri tra Uefa e FIGC. Nei prossimi giorni, certamente, si avranno chiarimenti più specifici in merito all’intera vicenda. Intanto, i tifosi vivono con apprensione l’evolversi dell’inchiesta. Il club potrebbe essere accusato non solo di aver costituito dei rischi per la salute. La Lazio potrebbe rispondere, altresì, di aver tentato di alterare il match di campionato. Come riportato, le sanzioni possono essere di gran lunga pesanti. Insomma, la Lazio corre dei grossi rischi, in vista di questa inchiesta.
La ‘difesa’ della Lazio
Come anticipato, il club biancoceleste ritiene che l’anomalia non possa essere riconducibile all’azione di monitoraggio del club, bensì ai differenti metodi di analisi dei test. Difatti, i giocatori in questione sarebbero risultati “debolmente positivi”, dopo i test effettuati da SynLab, il laboratorio cui fa riferimento la Uefa. La soglia di positività del citato laboratorio si attesta su valori ben più bassi rispetto ai test antigenici, introdotti nella modifica del protocollo italiano datato 30 ottobre e, ormai, di uso comune tra tutti i club di Serie A. La marcata divergenza di parametri, in merito all’analisi del RT-PCR(reazione a catena della polimera inversa, ndr), sarebbe il nodo cruciale della controversa vicenda che riguarda il club biancoceleste. Inoltre, si specifica come i test della discordia risalgano ad un periodo antecedente l’ultima modifica del protocollo italiano. Questa vicenda della Lazio, inevitabilmente, riporta in auge la tesi secondo cui sia opportuno uniformare i metodi di monitoraggio Covid, tra Uefa e altre federazioni europee, per ridurre i rischi di inghippi analitici. Infatti, la vicenda laziale, non si discosta in modo eccessivo da quella che ha riguardato il caso di Hakimi all’Inter.