Ciò che rimane, il giorno dopo la lezione impartita dal Bayern Monaco, è la sensazione di aver perso un’occasione. Non tanto di superare un turno, sulla carta e sul campo, quasi impossibile, quanto di non aver goduto appieno del momento. A tutti, tifosi e calciatori, una partita come quella di ieri sera, aspettata per vent’anni, sarebbe piaciuto giocarla con lo stadio pieno. Ma la Lazio scesa in campo ieri sera ha pagato a caro prezzo l’emozione della prima volta. Tolti Pepe Reina e Lucas Leiva, nessuno, degli undici scelti da Simone Inzaghi, ha più di una manciata di presenze in Champions League. E quando davanti hai il terzo marcatore di sempre della competizione, Lewandowski, e una squadra che fa notizia ormai solo quando perde, le differenze si sentono.
Eppure, il peccato originale dell’inconsistenza della Lazio vista nel primo tempo non sta nella mancanza di esperienza. Quanto, piuttosto, nel non essere stata capace di scrollarsi di dosso le pressioni e scendere in campo con la mente sgombra e la voglia di giocarsela. Con la leggerezza di chi non ha nulla da perdere, e non con il peso di chi si sente in dovere di provarci. Di certo, le assenze dei bavaresi, ed un paio di risultati negativi in Bundesliga, hanno creato l’illusione della missione possibile. In campo, però, le cose sono andate diversamente. Lo strapotere fisico degli uomini di Flick, che hanno portato il pressing a livelli impressionanti, ingabbiando spesso con tre uomini il portatore di palla biancoceleste, ha messo in crisi la Lazio sin dai primi minuti.
Ritmi così, in Serie A, non si sono forse mai visti. La Lazio, però, ha deciso di non snaturarsi, ed è difficile fargliene una colpa. Il piano gara, del resto, era piuttosto chiaro, come ha poi raccontato Pepe Reina a fine partita. Saltare la prima linea di pressing, missione difficilissima, e provare a sfondare per vie centrali, vero tallone d’Achille del Bayern. Peccato che al 9′ Musacchio, subendo le pressione degli avanti tedeschi, serva a Lewandowski la palla dell’1-0. Che indirizza la partita, perché gli uomini di Inzaghi sono chiamati a reagire, lasciando praterie agli avversari.
Anche l’arbitro, l’israeliano Grinfeld, ci mette del suo, perché l’intervento di Boateng al 19′ su Milinkovic-Savic in area tedesca sembra rigore netto. Peccato che l’uso del Var, in Champions League, sia ben diverso da quello che se ne fa in Italia: Grinfeld non va a rivedere l’azione, la partita va avanti. Passano pochi minuti e Musiala raddoppia, al termine di un’azione corale che avanza come un fiume in piena, cogliendo la retroguardia della Lazio troppo impaurita. Sul 2-0 ci sarebbe ancora vita, ma l’ennesimo errore, in impostazione, sulla trequarti bavarese, questa volta di Patric, da il La al 3-0 di Sané con cui si chiude il primo tempo.
Una Lazio intimorita e dominata da un avversario decisamente più forte, al di là delle chiavi tattiche e degli errori dei singoli. Il secondo tempo, che pure mostra cose buone, è anche una piccola concessione di Flick, perché una volta trovato il 4-0, autorete di Acerbi, il Bayern tira il freno. E da quel momento qualcosa di bello succede. Lazzari, contratto nella prima metà, torna ad arare la fascia come il suo solito, Marusic, diventato dal 30′ il terzo di difesa, dimostra di essere all’apice della sua crescita, Correa regala spunti ed una bellissima rete, Luis Alberto sale, come sempre, in cattedra in cabina di regia.
Ecco, se il risultato è quello che è, da questi segnali deve ripartire la Lazio, per fare di una serata storta un momento di formazione. Per non perdere il bandolo di una matassa che la vede ancora in lotta per il quarto posto in campionato, e riprovarci il prossimo anno. Le note dolenti, invece, arrivano dalla difesa, con interpreti non all’altezza della situazione. Ma che non se ne faccia un dramma. Seconde linee allo stesso livello delle prime sono in pochi a potersele permettere, e tra questi, almeno per ora, non c’è la Lazio.
Sottotono, spiace dirlo, Immobile, attesissimo e ieri quasi annullato da Boateng, mentre Lucas Leiva ha sofferto i ritmi altissimi del primo tempo più del dovuto. Neanche Milnkovic-Savic ha saputo proporsi sui livelli a cui ha abituato tutti negli ultimi anni, ma non va dimenticato chi c’era di fronte: il Bayern Monaco campione di Germania, d’Europa e del Mondo in carica.