Lazio, è tornata la banda Inzaghi

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(Photo by FILIPPO MONTEFORTE/AFP via Getty Images)

Nell’abbraccio tra Luis Alberto e Simone Inzaghi, dopo il gol del definitivo 2-0 contro il Napoli, c’è tanto di quello che è successo in casa Lazio negli ultimi giorni. Qualcosa, evidentemente, si era rotto nei meccanismi dei biancocelesti. Capaci di accendersi nelle notti di Champions, raggiungendo una qualificazione agli ottavi attesa da vent’anni. Ma anche di perdersi nelle paludi di un gioco a tratti prevedibile contro avversari, almeno sulla carta, abbordabili. Il contorno, è quello di un ambiente che, tra il rinnovo del suo allenatore che non è ancora arrivato, e qualche bizza di troppo, difficilmente vive più di tre giorni di fila di serenità.

Prima della partita contro il Napoli, a scuotere l’ambiente ci hanno pensato prima Tare e poi Lotito. Carota e bastone. Da una parte, la voglia di stringere le maglie di una rete fattasi fragile, dall’altra il bisogno di una reazione non solo emotiva, ma anche tecnica. Ieri, al di là del risultato, sembra che la scossa abbia portato i suoi frutti. Rimettendo nel mirino il quarto posto, vero obiettivo, tutt’altro che facile da raggiungere, della stagione. La rosa a disposizione di Simone Inzaghi, nelle idee di Lotito e Tare, è adeguata. L’allenatore, da parte sua, non si è mai lamentato, almeno pubblicamente, degli innesti. Farli rendere, al di là di uno sconfortante numero di infortunati, è compito suo.

Ieri, la buone notizie sono arrivate da Escalante, arrivato in sordina in estate, a parametro zero, ma già messo sotto contratto a gennaio. In ritiro aveva ben impressionato, poi qualche infortunio di troppo ne ha rallentato l’inserimento. Contro il Benevento ha dimostrato di saper stare in un centrocampo di altissimo livello, davanti al Napoli ha ribadito di essere lui il vice Leiva. E questa è un’ottima notizia, perché il brasiliano, perno e diga della mediana biancoceleste, deve fare i conti con gli acciacchi e l’età, e preservarlo diventa un dovere in una stagione giocata a ritmi infernali come questa.

L’altra ottima notizia, è che Luis Alberto, al netto di qualche atteggiamento decisamente sopra le righe, quando pensa a giocare, e a nient’altro, è ancora il leader tecnico di questa squadra. Ieri sera non ha fatto grandi magie, ammesso che la rete del 2-0 la si possa considerare banale. Però, ha messo da parte l’insofferenza e preso in mano il pallino del gioco. L’abbraccio al mister che l’ha inventato, rilanciandolo in un calcio che aveva pensato addirittura di lasciare, ha dentro tanto. Prima di tutto, la pace, di cui a Formello c’è grande bisogno. E poi, la gratitudine, sentimento che raramente sembra affiorare nelle esternazioni del Mago.

La Lazio c’è, nonostante qualche scivolone di troppo e qualche occasione persa. Messi da parte i sogni scudetto, che risalgono ad una vita fa, quella prima del Covid, la corsa è al quarto posto. E sarà agguerrita, perché Napoli, Roma e Atalanta sono squadre attrezzate, ma nessuna di queste è imbattibile. Chi non ha ancora perso, dimostrando come si affrontano i problemi, gli infortuni e i limiti della propria rosa, è il Milan. Che tra due giorni misurerà subito le ambizioni di una Lazio ritrovata, ma che senza Acerbi dietro rischia sempre qualcosa, pur avendo trovato in Reina le sicurezze che Strakosha, al reparto, non ha forse mai dato.

A San Siro, allora, sarà una partita diversa da quella che si prospettava solo qualche giornata fa, con Inter e Juve spettatrici interessate. E un Ciro Immobile che continua a segnare, in ogni modo. I suoi numeri sono impressionanti, ma c’ ancora chi ha il coraggio di non considerarlo per quello che è: uno dei migliori attaccanti al mondo.