Lazio, e se il rinforzo in difesa fosse Parolo?

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La coperta, nella difesa della Lazio, è già corta. Con il ritorno di Hoedt, numericamente il reparto arretrato è comunque messo meglio di un anno fa. Ma a ben guardare, manca il marcatore di livello, capace di far salire il livello della retroguardia. Tassello rimasto colpevolmente scoperto, dopo la lunga trattativa, andata a vuoto, per Kumbulla, finito poi alla Roma.

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Nei titolari, i tre sono gli stessi della scorsa stagione: Luiz Felipe, Acerbi e Radu. Che si portano dietro gli stessi plus e minus della scorsa stagione. Se Acerbi è la colonna su cui poggia tutto, Radu ha un anno in più e non può reggere tre partite in una settimana, mentre Luiz Felipe deve sempre fare i conti con qualche acciacco.

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Le alternative, detto di Hoedt, restano Vavro, attualmente infortunato e che comunque non ha convinto Simone Inzaghi; Patric, sempre più credibile nel ruolo di terzo a destra, ma che soffre tremendamente le partite più delicate; e Bastos, che Lotito e Tare non sono riusciti a piazzare, e che seppure dotato di ottimi mezzi atletici, non offre garanzie a certi livelli.

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E allora? Le strade sono due: il mercato degli svincolati, che tra i difensori offre davvero poco, o la soluzione interna. Che ha un nome ed un cognome, oltre che un ruolo: Marco Parolo da Gallarate, classe 1985, centrocampista. Scelta azzardata? No, perché fare di necessità virtù, nel calcio, ha spesso dato i suoi frutti, persino inattesi.

Dalla sua, Parolo ha un’intelligenza tattica fuori dal comune, oltre che l’esperienza di chi, a 35 anni, ha messo insieme 241 presenze con la maglia della Lazio. Di cui conosce a menadito compagni e sistema di gioco. Nella penuria di marcatori, così, scalare sulla linea difensiva potrebbe rivelarsi salvifico, per lui e per la Lazio.

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Abbassare il raggio d’azione, infatti, allunga la vita, calcisticamente parlando. Vero è che atleticamente ha mezzi straordinari, quando gioca è spesso il primo nelle statistiche di percorrenza. Ma in difesa ci vuole lucidità, e dosare le energie diventa fondamentale. Inzaghi ci pensa, lo proverà in allenamento in questa pausa dettata dagli impegni delle Nazionali, ben sapendo che in passato ci sono esempi illustri che hanno fatto lo stesso percorso.

Il primo che viene in mente, e forse il più riuscito di questi esperimenti, è Marcel Desailly. Il centrocampista francese è stato prima pedina fondamentale del centrocampo del Milan, poi difensore centrale. Ruolo che ha ricoperto, con ottimi risultati, anche nei suoi anni al Chelsea.

13 Apr 1994: Marcel Desailly of AC Milan in action during the European Champions League match against Porto at the San Siro Stadium in Milan, Italy. Mandatory Credit: Gary M Prior/Allsport

E chi non ricorda Javier Mascherano, arrivato a Barcellona nel 2010 come centrocampista e quasi subito diventato difensore. L’infortunio di Puyol suggerì a Guardiola l’intuizione giusta: il “Che” in difesa, Busquets a centrocampo e blaugrana che vinsero tutto.

Poi, c’è chi ha semplicemente fatto da “tappabuchi”, come Esteban Cambiasso ai tempi dell’Inter, De Rossi con la Roma di Luis Enrique e Garcia, Gary Medel nella Nazionale Cilena e chi più ne ha più ne metta.