La questione del “caos tamponi” in casa Lazio è storia recentissima del calcio italiano in era pandemica. Ed è ancora oggi più che attuale.
Dopo il deferimento, alla Lazio e al presidente Lotito, comunicato dalla procura federale il 16 febbraio; il club ha chiesto il rinvio della prossima udienza sul caso a dopo la partita di ritorno di Champions League contro il Bayern Monaco.
Nel frattempo, la società biancoceleste avrebbe studiato un piano di difesa che ha come obiettivo quello di evitare la sconfitta a tavolino nelle due gare di Serie A incriminate: quelle dell’andata contro il Torino e la Juventus. In questi casi, l’accusa è quella di aver schierato in campo, o inserito in distinta, calciatori che erano risultati positivi ai test. Di tutto ciò se ne stanno occupando la giustizia sportiva, in parallelo con quella ordinaria, impegnate a riscontrare eventuali responsabilità.
Come detto, però, in casa Lazio si sta studiando un piano di difesa. A raccontarlo è il giornalista Pippo Russo in un lungo articolo apparso su Domani e che ripercorre le varie tappe carte alla mano. Il piano difensivo prenderebbe il nome di “Strategia 231“, in riferimento al nome della legge sulle responsabilità amministrative delle imprese. nello specifico:
“La tesi è che nella complessa struttura d’impresa della Lazio, che applica il sistema di governance duale con separazione fra un Consiglio di Sorveglianza e un Consiglio di Gestione, le responsabilità sono ripartite fra i settori in modo capillare. Lotito, che come specificato in testa al verbale è presente «in qualità di presidente del consiglio di gestione e legale rappresentante della S. S. Lazio.», dichiara che «in virtù delle dimensioni e complessità della S. S. Lazio, io non posso seguire tutti i rami della attività e funzioni aziendali», che si è occupato «delle problematiche tamponi» soltanto «in situazioni eccezionali» e perché «i miei organi mi hanno investito per assumere una posizione ufficiale della S.S. Lazio»“.