L’asse Ibra-Pioli, da garanzia di rinascita a motivo di malumori

L’asse Ibra-Pioli, da garanzia di rinascita a motivo di malumori

(Photo by Daniele Buffa via Imago Images)

Se il Milan – nel 2020 – ha saputo risalire la china dei suoi anni complessi fino a regalarsi un sogno malamente naufragato, lo deve principalmente a chi ha dato la svolta fin dai primi mesi dello scorso anno. Un asse di ferro che, partita dopo partita, sembrava aver cambiato la veste del Diavolo fino a riportarlo in una dimensione di successo. Si tratta di Zlatan Ibrahimovic e Stefano Pioli. Il primo, approdato, a gennaio 2020, oltre alle prestazioni sul campo, sembrava aver dato fiducia e mentalità ad un intero gruppo, agevolando l’emersione di giocatori da anni sul ‘filo del rasoio’. Il secondo, scegliendo la via della ‘normalizzazione’, aveva ripristinato uno schema di gioco che sapesse esaltare gli interpreti del Milan, ribaltando nel silenzio un nuovo terremoto societario.

Come Pioli aveva sovvertito ogni pronostico

Sì, perché Stefano Pioli, fino al pomeriggio del 21 luglio 2020 aveva un piede fuori da Milanello. Gazidis aveva scelto Rangnick e, dopo Leonardo, Boban e Gattuso, le teste di Pioli e Maldini erano quelle designate a saltare, in nome di un’ennesima ricostruzione. Pioli aveva conquistato il gruppo, i tifosi e i risultati. Il suo Milan, per tutto il 2020, ha dato la parvenza di una grande squadra, capace di andare oltre i suoi limiti. Il tutto, condito dalla presenza di un sempreverde bomber che, a 39 anni, lanciava la sfida ai top del campionato come Cristiano Ronaldo e Lukaku.

Qualcosa è cambiato lungo il percorso. Lo svedese, nei primi mesi del 2021, ha fatto storcere il naso a molti tra la lite con Lukaku e la presenza a Sanremo, fino a culminare nel ritorno in Nazionale. Il tecnico, da protagonista di cori di esaltazione e gioia come “Pioli is on fire”, sta lentamente rientrando nell’aura che lo aveva accolto al suo approdo: quella del #PioliOut. Un cambio di rotta incredibile, inaspettato. Il Milan, da campione d’inverno, può essere la prima squadra che non arriva in Champions League dopo essere stata in vetta nell’ultima giornata del girone d’andata.

Il duro destino dei ‘frontmen’

Come di consueto accade, nei tempi difficili, la platea dominata dall’umore passionale del tifoso sceglie uno o più colpevoli. Il rinnovo dello svedese non ha avuto la stessa accoglienza che ricevette quello della scorsa estate. Molti si sono chiesti, giustamente: “Puntare ancora su uno che ha giocato metà partite? Perché?”. I due simboli della rinascita ora sembrano essersi smarriti e, inevitabilmente, pagano il destino dei frontmen. Perché se sei il primo ad essere illuminato dal sole quando le cose vanno bene, sarai anche il primo a sentire la tempesta dei tempi grigi. Pioli e Ibrahimovic sono chiamati, in queste ultime 5 partite, a ribaltare tutti i pronostici come accaduto un anno fa. Quando lo svedese veniva considerato troppo vecchio e il tecnico non all’altezza. Obiettivo: zittire i detrattori ma, soprattutto, essere ancora il traino di una squadra che ora ha bisogno di autostima e certezze. In caso contrario, saranno i primi su cui si abbatterà la protesta, dopo essere stati a lungo sul trono degli intoccabili. Il gioco del calcio. Un teatro di ruoli che possono cambiare repentinamente.