Calcio Estero

La spirale del Saint Etienne, nobile del calcio caduta in disgrazia

Le prime otto giornate di Ligue1 hanno restituito una classifica attesa per alcuni versi, inattesa per altri. Al primo posto con 18 punti non può che esserci il PSG, ripresosi dopo le prime due uscite stagionali a secco, che divide il primato con il Lille, dall’ottimo avvio di campionato. Dietro di loro ci sono ben sette formazioni in tre punti: Rennes e Olympique Marsiglia a 15; Nizza a 14; Lione, Lens (con una partita in meno) e Angers a 13; Bordeaux a 12. Poco più giù, fermo a 10 punti da quattro giornate, galleggia il Saint Etienne, vecchia gloria del calcio francese.

La storia della squadra dei verdi è particolare, caratterizzata da un lungo periodo d’oro seguito da tempi decisamente peggiori che perdurano ancora oggi. Da circa quarant’anni, infatti, la società naviga in acque meno che sicure nonostante sia la più titolata di Francia. L’ultimo di questi trofei, però, risale a quasi mezzo secolo fa, eccezion fatta per un colpo di reni “recente” nella stagione 2012-13, nel mezzo della quale ha vinto la sua prima Coupe de la Ligue.

La belle époque

Il Saint Etienne nasce nel 1912 con il nome di Amicale des employés de la Société des magasins Casino, la squadra dopolavoristica del Casino della città. Nel 1927 prende l’attuale denominazione di Association Sportive de Saint Etienne Loire, dall’acronimo ASSE.

Il Saint Etienne comincia ad affacciarsi nel calcio che conta, almeno in patria, a metà degli anni Cinquanta. Il suo primo trofeo arriva nel 1955 con la Coupe Charles Drago, competizione cancellata nel ’65 che racchiudeva le formazioni eliminate dalla Coppa di Francia prima dei quarti di finale. Due anni dopo vince il titolo nazionale, il primo di dieci: è il record di vittorie in Ligue1. Seguono una Supercoppa di Francia nel ’58, una Coppa di Francia nel ’62, un’altra Supercoppa di Francia l’anno successivo e un altro titolo nazionale nel ’64.

Nel quadriennio 1966-1970 fa incetta di trofei: quattro titoli nazionali consecutivi, tre Supercoppe e due Coppe di Francia. Quest’exploit si replica anche tra il 1973 e il 1977, quando vince tre titoli nazionali di fila e tre Coppe di Francia. L’ultimo picco, infine, risale alla stagione 1980-81, al termine della quale vince il suo decimo, e ultimo, titolo nazionale.

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In Europa

Mentre mettevano a ferro e fuoco il panorama calcistico in patria, i verdi tentavano l’assalto al massimo torneo continentale che allora si chiamava Coppa dei Campioni. Lo spartiacque che consegna il Saint Etienne al calcio europeo come solida e temibile realtà è il 1972, quando Robert Herbin, storico centrocampista della squadra, a trentatré anni appende gli scarpini al chiodo e si siede sulla panchina da allenatore. Estremamente duttile come calciatore, ha giocato anche in difesa e in una stagione persino da punta, segnando più di venticinque reti. La sua intuizione da allenatore è il gioco collettivo, che riesce a trasporre in campo prima di altri. Un altro suo grande merito è di dare peso alla preparazione atletica e colmare, così, il divario fisico tra il calcio francese e quello nord-europeo.

Herbin eredita una squadra la cui ossatura è costituita dai calciatori con cui ha condiviso lo spogliatoio per molti anni: Gérard Farison, terzino che spicca anche nella fase offensiva; Jean-Michel Larqué, la fonte del gioco a centrocampo; Hervé Revelli, attaccante nominato miglior giocatore francese nel 1969 e per due volte capocannoniere della Division1 (che diverrà Ligue1 nel 2002). A questi Herbin affianca due colpi di mercato mirati e voluti: Ivan Ćurković, portiere jugoslavo di grande rigore e carisma, e Osvaldo Piazza, attaccante argentino particolarmente impreciso in zona gol che Herbin trasforma in uno dei più forti difensori sudamericani dell’epoca. L’idea geniale è di metterlo come centrale di difesa e di lasciarlo avanzare in poderose cavalcate da porta a porta: Piazza diventa così l’idolo dei tifosi, il giocatore più amato in assoluto dalla curva dei verdi.

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’74-75

Il primo vero assaggio del calcio europeo che conta per il Saint Etienne è la Coppa dei Campioni 1974-75, edizione in cui i verdi si spingeranno fino alla semifinale. La strada è in salita già al secondo turno: dopo aver agilmente superato lo Sporting Lisbona della Scarpa d’Oro in carica con 46 gol, Héctor Yazalde, l’avversario da battere è l’Hajduk Spalato, il cui uomo di spicco è Ivan Šurjak, all’epoca ventenne ala sinistra di grande estro – alcuni anni dopo indosserà la maglia dell’Udinese nella stagione 1982-83 -. L’andata in Croazia è un pesante 4-1, ma nella partita di ritorno i verdi la ribaltano in un 5-1 al cardiopalma che finisce ai supplementari.

Una simile impresa si ripete ai quarti di finale contro la formazione polacca del Ruch Chorzów: l’andata in trasferta è una costante rincorsa e il Saint Etienne riesce a perdere solamente di un gol nel 3-2 finale; al ritorno il tabellino dirà 2-0 e semifinale contro i campioni in carica del Bayern Monaco. Quello è l’ultimo atto dei verdi in quell’edizione del massimo torneo europeo: i tedeschi archivieranno la pratica con un’andata, in Francia, a reti bianche e un 2-0 al ritorno e vinceranno di nuovo la Coppa nella finale di Parco dei Principi contro il Leeds.

’75-76

Nella Coppa dei Campioni 1975-76 il Saint Etienne compie un miracolo sportivo arrivando a sfiorare il titolo in finale. La rivelazione della squadra è l’Ange Vert, “l’angelo verde”: Dominique Rocheteau. Attaccante di vent’anni impiegato da Herbin come ala destra, ha il dribbling come sua cifra tecnica e affianca la velocità alla potenza.

Agli ottavi i verdi si sbarazzano dei Rangers, con Rocheteau che mette la sua firma nella gara di ritorno con un gol e un assist. Ai quarti pescano la Dinamo Kiev.
Lo stadio di Kiev è completamente congelato, perciò l’andata si gioca in Crimea. È il 3 marzo 1976 e la temperatura è davvero proibitiva: il Saint Etienne esce sconfitto per 2-0, tenuto a galla da Ćurković, l’eroe che salva più volte la porta e il risultato. Il ritorno termina 3-0 dopo i tempi supplementari, con il gol vittoria segnato da Richeteau, che aveva ripetutamente – e inutilmente – chiesto il cambio per infortunio.

In semifinale gli avversari sono i temibili olandesi del PSV Eindhoven, che vantano calciatori come i gemelli van de Kerkhof ed Edstrōm. Al Saint Etienne basta la partita di andata, giocata in casa e finita 1-0, per prendersi la finale. Il ritorno, infatti, sarà a reti inviolate.

La finale

In finale – nella casa del Celtic, l’Hampden Park di Glasgow – i verdi ritrovano i campioni uscenti del Bayern Monaco. Da una parte c’è il Bayern di Beckenbauer, Maier, Müller e un giovanissimo Rummenigge; dall’altra c’è il campo le cui porte hanno i pali e la traversa a sezione quadrata anziché rotonda.

Il Saint Etienne regala calcio, ma prende per due volte la traversa quadrata: prima su un tiro dalla distanza di Bathenay, poi su un colpo di testa di Santini. Il Bayern soffre il gioco dei verdi, ma nel secondo tempo conquista furbescamente una punizione dal limite con Müller che si lascia cadere appena sfiorato da Piazza: è 1-0.

Herbin, allora, si gioca il tutto per tutto e a otto minuti dalla fine mette dentro Rocheteau, in panchina perché convalescente dal precedente infortunio. Quegli otto minuti consegnano al calcio francese una scheggia impazzita che mette a ferro e fuoco la difesa tedesca, riuscendo anche a confezionare un assist per Ravelli che però, stremato, non sfrutta per mancanza di lucidità.

I verdi torneranno in patria sconfitti ma saranno accolti da eroi. Nell’edizione successiva della Coppa dei Campioni arriveranno ai quarti di finale, eliminati dal Liverpool: sarà l’ultimo vagito europeo del Saint Etienne nel calcio che conta.

Gli anni in trincea

Dopo decenni trascorsi a essere la squadra schiacciasassi in patria e la mina vagante in Europa, per il Saint Etienne gli anni Ottanta sono l’inizio di un lento declino verso i bassifondi. Nel 1982 uno scandalo finanziario coinvolse il Presidente della società, Rocher, che lasciò l’incarico e fu persino messo in carcere. Al termine di quella stagione, 1982-83, i verdi finirono al 14° posto, ma quello fu solo il preludio a ciò che sarebbe arrivato dopo.

Nel campionato successivo retrocessero in Division2, dove rimasero, tuttavia, per sole due stagioni. Dal campionato ’86-87 il Saint Etienne tornò a calcare i campi di calcio della Division1, ma si ritrovò sempre in bassa classifica, a parte un quarto piazzamento nell’87-88 e un settimo posto nel ’92-93. Nel ’95-96 arriva di nuovo la caduta in Division2, dove resterà dalla stagione ’96-97 alla stagione ’98-99, quando si conquistò il diritto di tornare nella massima serie per il campionato ’99-2000. In quell’edizione i verdi centrarono il sesto posto e si rinforzarono con i brasiliani Alex e Aloísio. L’anno successivo, però, i due furono sospesi per quattro mesi per aver usato passaporti falsi; con loro fu trovato colpevole, e sospeso di conseguenza, anche il portiere Levytskyi. Alla fine dell’indagine risultarono coinvolti anche alcuni dirigenti e i verdi si videro sottrarre sette punti e condannare a una nuova retrocessione.

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Dal 2001-02 il Saint Etienne restò nella serie cadetta per altre due stagioni, per poi tornare in Ligue1 dal campionato 2004-05 e restarci stabilmente da allora. L’andamento, tuttavia, è altalenante: a buoni piazzamenti entro le prime dieci fanno da contraltare campionati terminati a un passo dalla retrocessione. L’ultimo risale solamente allo scorso anno, finito al 17° posto, a due posizioni e sette punti di distanza dalle squadre destinate alla Ligue2.

Oggi

Quest’anno, dopo otto giornate di campionato, i verdi sono al 13° posto con 10 punti, fermi nella casella ormai da quattro partite. Dopo un ottimo avvio con tre vittorie e un pareggio, sono seguite quattro sconfitte. Il Saint Etienne sembra non riuscire a giocare quel calcio propositivo richiesto dal suo allenatore, Claude Puel; il cortocircuito pare essere un possesso di palla sterile che non si concretizza in tiri e azioni pericolose. Questa carenza di trame, inoltre, si ripercuote sulla psicologia dei calciatori in campo: il numero di falli commessi è sempre molto elevato e in un’occasione, contro il Lens, sono arrivate ben due espulsioni.

La parabola discendente del Saint Etienne, insomma, racconta di una signora di media estrazione che riesce, per un po’, a gettare fumo negli occhi e a camuffare la sua reale condizione, accompagnandosi a veri nobili in teatri normalmente fuori della sua portata.

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Published by
Martina Covetti