La Juventus paga il sogno Champions League: Berlino e Cardiff l’inizio della fine
Più si sale in alto, e più il botto è fragoroso, quando si cade. Più il ciclo è vincente, e più fa rumore la sconfitta. Nel calcio non c’è memoria, è un dato di fatto, e 9 scudetti di fila non bastano a nascondere la crisi in casa Juventus e una stagione che si sta rivelando fallimentare. E adesso, sono tutti sotto esame.
Questa volta, alla dirigenza della Vecchia Signora, non è riuscito di “cambiare, prima che si debba cambiare” – per citare Fabio Paratici in All or Nothing-, e non c’è stata la capacità strategica di aprire un nuovo ciclo. A questo punto della storia bianconera, inutile individuare una sola responsabilità: invece, questa va divisa equamente tra management, guida tecnica e giocatori. La Juventus è stata vittima delle proprie ambizioni, è mancata di lucidità e visione e si è fatta abbagliare dai riflettori delle finali di Champions League giocate contro Barcellona, a Berlino, e Real Madrid, a Cardiff.
Due momenti che hanno segnato il ciclo vincente dei 9 scudetti consecutivi. Tanta la gioia per i trionfi in Italia, quanto l’amarezza per non aver raggiunto quell’obiettivo europeo che manca dal 1996. Tutti i tifosi della Juventus ricordano nitidamente dove si trovavano e con chi stavano guardando quelle due finali, soprattutto quella di Cardiff e in particolar maniera se si trovavano a Torino, o avevano conoscenze nel capoluogo piemontese. Perché anche la tragedia di Piazza San Carlo è una cicatrice aperta per il popolo bianconero.
L’establishment della Juventus ha costruito un grattacielo, per raggiungere le stelle europee, andando ad erodere fondamenta ancora troppo fragili. Due momenti significativi, in questo: la cessione di Pogba e l’acquisto di Cristiano Ronaldo. Il francese ha fatto fruttare una ricca plusvalenza ed è da qui che si può dare inizio a quello che, come riportano i giornali citando gli inquirenti, è stato definito “Metodo Paratici”. L’utilizzo, per l’appunto, delle plusvalenze per dare sostenibilità al bilancio e fare ricche operazioni sul mercato in entrata. A decidere se il comportamento della società sia stato lecito o no sarà la Procura, prima, e poi la giustizia sportiva. Non è questa la sede. In questo caso, si vuole sottolineare quello che è stato il primo, proverbiale, “passo più lungo della gamba”.
Il secondo, l’acquisto di Cristiano Ronaldo. CR7 non è stato un problema per la Juventus, ma il problema. Anche in questo caso, un’operazione fatta per provare a colmare quel gap europeo, quel valore aggiunto necessario ad alzare la coppa dalle grandi orecchie. Sul lato sportivo, non si può imputare nulla al fenomeno portoghese. Il suo contributo, come gol e come mentalità instillata nella squadra, è stato importantissimo. L’impatto economico, però, è andato ulteriormente ad erodere quelle fondamenta di cui parlavamo prima, fino a far crollare il grattacielo bianconero.
Se vogliamo capire da dove nasca la crisi della Juventus, quindi, occorre allargare lo sguardo, e andare indietro di qualche stagione. La società si è fatta abbagliare dalle luci della Champions League, il sogno è diventato un incubo. E da questo incubo, oggi, sembra veramente difficile svegliarsi.