La doppia faccia del Napoli: esaltazione e rimpianti, ottimismo e perplessità
Il Napoli di Sarri, senza Sarri. Nella serata di ieri, in quel di Torino, i tifosi azzurri hanno assistito ad una partita quasi perfetta con meccanismi che giravano alla perfezione sia in fase difensiva che in quella offensiva, nelle ripartenze, nel gioco palla al piede e nei lanci in profondità. Un gioco diverso da quello del Napoli di Sarri, ma lo stesso predominio, la stessa sicurezza, la stessa impressionante facilità di creare occasioni da gol. Il Napoli di Sarri, senza Sarri, è in verità il Napoli di Gattuso. Un giocattolo che un paio di mesi ha cominciato a funzionare alla perfezione, guarda caso, proprio in coincidenza con il ritorno a pieno regime di giocatori fondamentali come Osimhen, Mertens e Demme. L’italo-tedesco ammirato ieri a Torino è il degno erede del Jorginho leader di centrocampo del Napoli di Sarri, appunto, ma con maggiore grinta e quantità. Una partita perfetta, o quasi, per Demme, Di Lorenzo, Hysaj e compagni. Perfetta, o quasi, perché per la perfezione è mancato quel terzo gol più volte sfiorato, ma mai trovato. Per il resto, perfezione pura. Una perfezione che fa quasi rabbia e che mette in evidenza la doppia faccia del Napoli tra esaltazione e rimpianti, ottimismo e perplessità.
Esaltazione e rimpianti
L’esaltazione proviene prima di tutto dai risultati: sette vittorie nelle ultime nove partite, tra cui gli scontri diretti contro Milan, Roma e Lazio vinti con merito e che hanno permesso alla squadra di Gattuso di rientrare con prepotenza tra le prime quattro e riaccendere una speranza che sembrava utopia fino a qualche mese fa, la qualificazione alla prossima Champions League. Un’esaltazione giustificata non solo dai risultati, ma anche dal gioco, dalla compattezza dello spogliatoio e da un’infermeria finalmente vuota o quasi.
Eppure in napoletano esaltazione fa spesso rima con rimpianto. Napoli è una piazza dalle mille emozioni ed esaltarsi per un finale di stagione da grande squadra è lo stesso che rimpiangere quello che poteva essere e non è stato. Come sarebbe andato il campionato senza il Covid e gli infortuni di Osimhen, di Mertens, di Koulibaly, Demme, Lozano e Manolas? Cosa sarebbe successo se il Napoli di inizio campionato e quello degli ultimi due mesi fosse stato un continuo per tutta la stagione? Domande senza risposta, ma con tanti rimpianti.
Ottimismo e perplessità
La doppia faccia del Napoli riguarda anche il futuro. Da una parte c’è l’ottimismo dato dal momento degli azzurri e dal calendario che divide la squadra di Gattuso dall’obiettivo quarto posto. Un calendario senza scontri diretti e sicuramente più agevole rispetto a Milan, Juventus ed Atalanta. Cinque partite, di cui tre in casa, contro Cagliari, Spezia, Udinese, Fiorentina e Verona. La Champions League è nelle mani del Napoli, il destino degli azzurri dipende soltanto dagli azzurri.
Dall’altra parte, però, ecco le perplessità. Da novembre in poi il Napoli è andato avanti con la convinzione che questo fosse l’ultimo campionato con Gattuso in panchina. In alcuni periodi si è convissuti con la possibilità dell’esonero o delle dimissioni. Poi… il ripensamento, o almeno le perplessità. Juric? De Zerbi? Italiano? Spalletti (quello più chiacchierato nelle ultime ore)? E se invece fosse Gattuso l’allenatore giusto per gli azzurri? Ma soprattutto, la coppia De Laurentiis-Gattuso è ancora conciliabile? Perplessità.
Ci sarà tempo, però, per chiarire i dubbi e trovare un accordo o un sereno arrivederci tra il Napoli e Rino Gattuso. Ora la doppia faccia del Napoli resta concentrata sul proprio obiettivo in rigoroso silenzio: la Champions sopra ogni cosa.