La crisi del Torino e un progetto che stenta a decollare

(Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)

Ci fosse una camera-car sulla panchina del Torino, l’immagine che vedremmo sarebbe la stessa vista decina di volte sui circuiti di Formula Uno. La griglia di partenza, i giri altissimi dei motori delle monoposto, i semafori rossi tutti accesi. Poi al loro spegnimento, la partenza. Con il pilota di turno che si inchioda per aver sbagliato l’accoppiata prima marcia-acceleratore. Ecco, Marco Giampaolo e il suo Torino dopo 4 giornate di Serie A (devono recuperare la gara con il Genoa) sembrano ancora fermi sulla pit lane alla ricerca della marcia da inserire. Tre sconfitte su tre partite, zero punti in classifica ed un ultimo posto preoccupante.

“Sapevo che la strada era in salita, speravo solo di fare qualche punto per galleggiare meglio”. Non sono i risultati a preoccupare Giampaolo, almeno non dopo sole tre partite. Ma è il tempo a disposizione per giudicare il suo lavoro a mettergli pressione. A Torino vorrebbe galleggiare, forse proprio perché a Milano fu naufragio dopo soli 111 giorni. Un lasso di tempo infinitesimale per un allenatore come lui. Ma a volte non è solo il campo a decidere il futuro di chi allena. Aspettative, ambiente, gioco e blasone contano più di tutto. E se a Milano è stata fatale la voglia – e fretta – di aprire un ciclo per tornare competitivi, giocando bene. A Torino, dopo un mercato non certo scoppiettante, un inizio di preparazione zoppicante tra Covid e Nazionali e una crescente contestazione societaria, montanto i primi malumori. Il “nuovo progetto del Torino” stenta a decollare e sfortuna vuole – per Giampaolo – che ci sia nuovamente lui dentro ad un rinnovamento. Ma in questo caso “repetita non iuvant”, almeno a salvare la panchina.

Servono i punti, soprattutto all’inizio di nuovi progetti tecnici, per lavorare con tranquillità. Giampaolo lo sa, o meglio, lo ha capito sulla propria pelle. Per questo vuole invertire prima possibile la rotta, visto che il passato non aiuta. In rossonero furono quattro sconfitte nelle prime sei partite, con due sole vittorie di misura con Brescia ed Hellas Verona. Poi la vittoria di Pirro a Genova con annesso esonero. Anche andando indietro nel tempo, i primi mesi con la Sampdoria non furono rosei. Due vittorie ad inizio campionato, poi una serie di quattro sconfitte e due pareggi che fecero traballare la panchina. La proprietà pazientò e vinse la scommessa. Da lì partì l’ascesa in blucerchiato. Così come ad Empoli, altra partenza lenta con cinque sconfitte, un pareggio e due sole vittorie nelle prime otto. Ma anche in Toscana, ingranata la marcia, la squadra di Giampaolo vola, concludendo la stagione al 10° posto, miglior risultato dell’Empoli dal 2006.

La linea di galleggiamento ha un nome ed un cognome: Andrea Belotti. E Giampaolo lo sa: “Fa rabbia non aver capitalizzato i suoi gol”. 4 gol in campionato per il Torino, 4 gol del suo capitano. Fanno 96 in maglia granata. Il Torino e il suo allenatore si aggrappano a Belotti, come ancora di salvezza di una stagione che, almeno in questo momento, sembra puntare dritto verso la burrasca. La volontà del presidente Cairo è intatta. La panchina granata è ancora ben salda. Ma serve invertire la rotta. Il tempo c’è, ma non ditelo a Giampaolo. Non vi crederebbe.