Juventus, no Ronaldo no party
Sei punti di distacco dalla vetta non sono pochi, ma potevano essere anche di più se il Napoli avesse deciso di partire per Torino anziché consegnare la vittoria a tavolino ai bianconeri. Un Napoli come quello ammirato ieri avrebbe dato non poco filo da torcere alla squadra di Pirlo. Una squadra completamente dipendente dal suo fuoriclasse: Cristiano Ronaldo. Una dipendenza che potrebbe costare cara alle ambizioni dei bianconeri.
La decisione di Pirlo di far riposare l’asso portoghese, non convocandolo nemmeno per la trasferta di Benevento, si è rivelata nefasta: è arrivato il quinto pareggio in nove giornate di campionato. La Vecchia Signora è l’unica squadra rimasta imbattuta assieme al Milan, ma i mezzi passi falsi iniziano a pesare. Se contro la Roma il pareggio era sembrato un buon risultato (arrivato in dieci dopo l’espulsione di Rabiot); lo stesso non si può dire dei pareggi contro Crotone (unico punto dei calabresi finora), Verona, Lazio (pareggio di Caicedo arrivato a tempo scaduto) e ultimo il Benevento. I pareggi contro Verona, Crotone e Benevento sono arrivati senza CR7 in campo. Un segnale preoccupante.
Ci si chiede quindi perché Pirlo abbia deciso di non convocarlo nemmeno, anziché portarlo in panchina per farlo entrare in caso di necessità. Era successo così in Spezia-Juventus: all’intervallo con il punteggio di 1-1, il tecnico bresciano decide di mandare in campo Ronaldo, che firma una doppietta e rimette le cose a posto. La partita finirà 4-1.
Al netto dell’errore di calcolo nel lasciar riposare il portoghese in una partita che si è rivelata tutt’altro che semplice, un interrogativo sorge spontaneo: com’è possibile che una squadra con le ambizioni e l’organico della Juventus debba dipendere da un singolo giocatore?
Se il Milan continua a vincere anche senza Ibrahimovic ed è sempre più primo in classifica, la Juve senza Ronaldo arranca. Di chi è la colpa?
La responsabilità va divisa tra vari soggetti, a partire dall’allenatore. Pirlo non ha ancora fatto vedere la sua idea di calcio, tanto sbandierata in estate ma sfumata alla prova dei fatti. Ci si affida alle giocate dei singoli, e quando queste mancano il risultato non arriva. A questo punto arrivano le responsabilità di quei giocatori che dovrebbero fare la differenza ma in quest’inizio di stagione non riescono a lasciare il segno. Un nome su tutti: Paulo Dybala.
L’argentino aveva preso la squadra sulle spalle nella scorsa stagione, sopperendo alla fase di appannamento di Ronaldo e contribuendo in maniera fondamentale alla conquista del nono scudetto consecutivo. Le sue prestazioni gli sono valse il titolo di MVP della Serie A, ma quest’anno la Joya non riesce a brillare. Sarà che Pirlo lo relega quasi stabilmente in panchina preferendogli Morata, ma ogni volta che scende in campo Dybala appare svogliato e poco determinato: la palla persa che ha dato il via al pareggio in extremis della Lazio è emblematica dell’atteggiamento dell’argentino.
I nuovi acquisti Chiesa e Kulusevski hanno fatto intravedere ottime cose; ma vengono usati a intermittenza e senza una collocazione tattica precisa, e questo non favorisce il loro ambientamento. Sono giocatori giovani, che hanno bisogno della giuste dose di fiducia per esprimersi al meglio, quella che sembra mancare in quest’avvio di stagione.
La Juventus non può permettersi di affidare il proprio destino a un giocatore di 35 anni, seppur fenomenale, e deve imparare a ragionare da squadra. Sta a Pirlo valorizzare gli elementi della rosa, e a questi ultimi liberarsi dal rapporto di subalternità con il portoghese. Tutti insieme potranno togliersi grandi soddisfazioni.