Come un bambino che, intento a dondolarsi dopo una giornata passata a scuola, non ne vuole sapere di sentire i richiami dei genitori, che lo vorrebbero giù dall’altalena, per riportarlo a casa. La Juventus non scende dalla giostra, non trova stabilità, è confusionaria, senza mordente, “nevrotica”. Ma quello che si vede in campo è lo specchio di quanto accade all’interno della sede societaria, situata nell’area della Continassa, tra lo stadio e il Training Center.
In principio fu Cristiano Ronaldo, per tentare l’assalto alla Champions League. Poi il cambio di guida tecnica, per dare un gioco diverso. Il risultato, quello che emerge, è confusione, progettazione sbagliata, mancanza di risultati in campo e un rosso di bilancio che fanno suonare la campanella d’allarme. Da quattro stagioni – nonostante le vittorie dello scudetto dell’ultimo Allegri prima dell’arrivederci e di Sarri – la Juventus non ne azzecca una, o quasi. L’impressione è che l’albero sia cresciuto troppo, e troppo poco profonde le radici per sostenerlo. Mazzata finale – come un colpo di vento che piega ulteriormente il tronco – il Covid e tutto ciò che ne è conseguito.
La sconfitta contro il Sassuolo è troppo grave per ricondurla esclusivamente alle difficoltà di finalizzazione. Sarebbe troppo semplice addossare le colpe ad un Morata impalpabile, senza killer instinct nell’area avversaria. Non si dia la colpa alla qualità della rosa, è una scusa che non regge, soprattutto in Italia.
La verità è che la Juventus del ciclo vincente, quella delle due finali di Champions League, si è crogiolata nelle vittorie, nel dominio in Italia, nei risultati sportivi ed economici, ed è stata incapace di essere lungimirante. Al contrario: è diventata arrogante, ha perso umiltà, e presa coscienza degli errori si è riscoperta umana, nella caos creatosi.
“Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante“. Nessuna stella, nessuna danza, in casa Juventus. Il caos degli ultimi anni, che ha colpito il club ad ogni livello, si riflette ormai da stagioni intere in campo, proprio come è successo ieri sera. La soluzione individuata? Quella di affidarsi ai singoli, anche in questo caso ad ogni livello: il Deus Ex Machina che risolve la situazione. Gli esempi sono molteplici: si parte dal già citato Cristiano Ronaldo, si passa per il ritorno di Allegri e si arriva ad Exor, proprietà tappabuchi di un bilancio in grave perdita. Anche questo, si riflette in campo: i cross di Cuadrado, gli spunti di Dybala, la fame di Chiesa, e la mancanza di un piano di gioco collettivo, di idee da mettere in campo.
In mezzo a tanta confusione, basterebbe un po’ di onestà. Per fare chiarezza con i tifosi, per piantare i piedi a terra e scendere dall’altalena. Questa Juventus ha cambiato obiettivi, la dimensione attuale è la lotta per il quarto posto, perché ancor più del risultato sportivo, le entrate derivanti dalla competizione sono essenziali affinché il castello di carte non caschi. E allora, presa coscienza della nuova dimensione, un bel bagno di umiltà, poi il tempo di asciugarsi e ripartire, ma con radici ben più solide.