CR7, un’operazione sbagliata sotto ogni punto di vista
Dopo la debacle di ieri sera, forse dirlo, e scriverlo, fa meno rumore. Anche tra chi lo sostiene dal primo minuto: l’operazione CR7, per la Juventus, è stata l’inizio della fine. Non solo di un ciclo tecnico, che in tre anni ha visto avvicendarsi in panchina tre diversi allenatori. Ma anche, e soprattutto, strategico e dirigenziale. Quando il portoghese arrivò alla Continassa, nell’estate del 2018, a stropicciarsi gli occhi non erano solo i tifosi della Juventus. Erano anni che un campione di quel carisma e di quello spessore non si vedeva nel campionato italiano. E poco importava, all’epoca, che il suo stipendio sarebbe gravato sulle casse bianconere per un totale di 240 milioni di euro in quattro anni. Più il prezzo del cartellino, tutt’altro che irrisorio, specie vista l’età: 100 milioni di euro per un 33enne.
Qualcuno storse la bocca, qualcun altro – pochissimi in realtà – criticò il senso di un’operazione al limite tra marketing e calcio. Ovviamente, il valore del giocatore non si discute, sarebbe davvero stupido farlo, perché i numeri parlano. E quelli di Cristiano Ronaldo, o CR7 che dir si voglia, cantano per lui. Il suo acquisto, però, ha precluso in questi tre anni l’arrivo di altri giocatori, in zone del campo in cui, paradossalmente, la Juventus si è indebolita anno dopo anno. Nella partita di ieri sera, ed in generale nelle ultime due stagioni, è il centrocampo il reparto che ha fatto e fa più fatica. Ossia, il cuore del gioco.
Negli ultimi due mercati sono arrivati due svincolati, ricoperti d’oro, come Rabiot e Ramsey, Arthur nello scambio salva bilancio con Pjanic, e McKennie, rivelatosi tra lo stupore generale il più azzeccato degli innesti. Poco, troppo poco per puntare alla Champions League. E persino per restare competitivi in Serie A, certo non il campionato più competitivo del mondo. Colpa di CR7? No, evidentemente no. Colpa di una dirigenza che, come Icaro, ha provato a volare verso il sole con ali di cera. Finendo, inevitabilmente, per precipitare fragorosamente al suolo.
La domanda, quindi, sorge spontanea? Può permettersi la Juventus un altro anno di CR7, a cifre folli, con un centrocampo se non da rifondare quasi e con un attacco in cui l’unico che garantisce certezze è Morata? Secondo noi, no. In attesa di capire, comunque, le ricadute a bilancio dell’operazione, perché alla fine della fiera CR7 è un brand che vive di luce propria, legato storicamente al Real Madrid più che a qualunque altro club in cui abbia giocato o giochi. Ma questo è un altro aspetto, difficile, per quanto non impossibile, da quantificare.