Juve, la fortuna è non aver pareggiato contro il Verona
Se Montipò non avesse fatto il miracolo sul tiro a giro di Dybala e il tiro a giro della Joya fosse entrato sotto l’incrocio. In quel caso, per la Juventus, sarebbe stata una sciagura. E se dopo l’ipotetico 2 a 2 i bianconeri, nel forcing finale, avessero anche completato la rimonta, ecco: sarebbe stata una tragedia.
La sconfitta, la seconda consecutiva, è quello che ci voleva. Per aprire in maniera definitiva e chiara la crisi; in tutto l’ambiente, dai vertici alla rosa, passando per il tecnico. Dopo un’eventuale rimonta, si sarebbe parlato di carattere Juve, di una squadra che non muore mai, che è capace di compattarsi nelle difficoltà e che interpreta alla perfezione il motto “Fino alla Fine“. Su una cosa ha ragione Allegri, un concetto ripetuto più volte: “Palla dentro, palla fuori e cambia tutto nelle valutazioni degli addetti ai lavori“. Ma la verità è un’altra: la Juventus non è più quella del ciclo vincente, non è più capace di essere “squadra”, nelle avversità si sgretola e mentalmente è troppo fragile.
Ieri sera il saluto, l’ultimo, definitivo, al sogno scudetto. Deve iniziare un nuovo campionato per la Vecchia Signora e l’obiettivo deve essere quello di dare l’assalto alla zona Champions League. Un nuovo percorso, che sia fatto di volontà di arrivare al risultato con ogni mezzo necessario, giocando partite sporche, lottando su ogni pallone lasciando da parte leziosità, ripartendo dal collettivo e non dagli spunti dei singoli. Il problema, enorme, è che da anni non si vede niente di tutto ciò. Anzi, in diversi momenti la squadra è sembrata altezzosa, arrogante, soprattutto contro le squadre di media-bassa classifica. La realtà è cambiata, ora anche la Juventus è una squadra di metà classifica. E adesso, in campo scenda chi è capace di vestire i panni della provinciale: senza guardare a nome, ingaggio e palmarés.