L’Inter ha il dovere di vincere lo scudetto. Lo dicono giornalisti e opinionisti, lo pensano i tifosi, nerazzurri e non solo. Eppure, da settimane Antonio Conte e Steven Zhang condividono un pensiero diverso: lo scudetto non è un obbligo. Che sia un modo per smorzare le tensioni? O nei piani della società l’orizzonte è effettivamente più ampio? Non è dato saperlo, ma è anche vero che le condizioni cambiano, e i progetti di conseguenza. In questo senso, ciò che poteva sembrare impossibile solo un anno e mezzo fa, quando Antonio Conte arrivò ad Appiano Gentile, oggi è quasi un dovere.
Il monopolio della Juventus, dopo aver scricchiolato la scorsa stagione, è definitivamente crollato. Sta a Pirlo rimettere in piedi una squadra distante come non mai dalla vetta. Gli uomini e i mezzi ci sono. Il Milan è ad un solo punto di distanza, ma con una rosa francamente inferiore, da qualsiasi punto di vista la si guardi. Dietro, Napoli e Roma non possono impensierire una squadra con una sola competizione da giocare. E, come detto, con una varietà e qualità da fare invidia a chiunque.
Eppure, oggi come a settembre, come a dicembre di un anno fa, l’Inter è di nuovo al centro del mercato. Che Conte non fosse felice si sapeva già, e la lista della spesa è sulla scrivania di Marotta da settimane se non mesi. Manca un vice Lukaku, serve sfoltire, e rinforzare il centrocampo. Pochi accorgimenti, che diventano però impervie montagne da scalare, nell’inverno polare dell’economia del calcio. Che non risparmia neanche un impero come quello di Suning.
Ieri, tra Antonio Conte e Steven Zhang, in collegamento da Nanchino, è andato in scena un nuovo summit. Al centro, ovviamente, il mercato. Dopo la partenza in prestito di Nainggolan, direzione Cagliari, l’operazione più importante è ancora in uscita. E riguarda, ovviamente, Eriksen. Il danese non ha convinto Conte, forse sin dal primo giorno in cui è arrivato a Milano. Pareva un colpaccio di Marotta, che a sei mesi dalla scadenza l’ha strappato al Tottenham e alla concorrenza dei top club europei per “soli” 35 milioni di euro. Si è rivelato un abbaglio, almeno per Conte. E un costo. Sia in termini numerici che economici. Trovare una squadra pronta a coprire i costi del cartellino non sarà facile. Si parla da tempo del PSG, pista sempre calda, a maggior ragione con l’arrivo in panchina di Pochettino. Ad ora, però, non c’è nulla.
Ma attenzione, perché se anche entrassero dalla cessione di Eriksen 35 milioni di euro, non verrebbero reinvestiti, o almeno non tutti, sul mercato. In questo Zhang è stato chiaro. Il bilancio va chiuso in pari o, ancora meglio, in attivo. E Antonio Conte, che pure nelle richieste di mercato è sempre molto pressante, questa volta non sembra avere alcuna intenzione di andare allo scontro. Anche perché, lo scudetto non è un obbligo. Al contrario, per l’uno e per l’altro può diventare una scusa. Se l’Inter non dovesse riuscire nell’impresa, Conte avrebbe bell’e pronta la scusa: l’avaro mercato di gennaio. Se, invece, dovesse finire al primo posto, sarebbe un trionfo. E il presidente, in questa situazione, non può che assecondare il proprio allenatore.
Insomma, comunque la si guardi, alla fine vince Conte. Anche se non dovesse arrivare lo scudetto. Certo, vista da fuori è una situazione ai limiti del paradossale. Neanche il più contiano degli interisti riuscirebbe ad essere d’accordo con il tecnico salentino e il presidente cinese. Lo scudetto deve essere un obiettivo dichiarato, a costo di andare incontro ad un fallimento. Nel calcio, ci vuole coraggio, ma anche onestà intellettuale. E dire apertamente: “l’Inter punta allo scudetto”, non dovrebbe spaventare, al contrario. Sarebbe il modo per restituire entusiasmo all’ambiente, e per alzare l’asticella dopo il secondo posto della scorsa stagione, che non ha avuto nulla di miracoloso.