Inter, Skriniar: “Inzaghi come un compagno di squadra. Su Conte…”
L’Inter è campione d’inverno e, al momento, resta la più ‘forte’ candidata alla conquista dello scudetto. Un periodo magico per i nerazzurri, reduci da sette vittorie di fila. Ha descritto il momento il difensore centrale Milan Skriniar. Ecco le sue parole, nella lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera.
Il primo ricordo di quando è arrivato in Italia, alla Samp?
“Non parlavo italiano. C’era uno slovacco, David Ivan, traduceva. Dopo 4 mesi se n’è andato, era dura. Non mi allenavo con la prima squadra, al massimo facevo il torello con i grandi. Ero triste, in Slovacchia giocavo sempre”.
È arrivato alla Samp per 1 milione, è passato all’Inter per 34. Si aspetta di vincere lo scudetto?
“Ci speravo. Sapevo di venire in club storico, anche se era in difficoltà. C’era Spalletti e voleva puntare più in alto”.
Giampaolo e Spalletti difesa a quattro, Conte e Inzaghi a tre. Il cambio com’è stato?
“Difficile. Non avevo mai giocato a tre, faticavo. Conte è stato bravo, mi spiegava i movimenti, anche con i video”.
Dei quattro allenatori (Giampaolo, Spalletti, Conte Inzaghi) che si porta dietro?
“Giampaolo spiega tutto, devi tenere la linea al millimetro, guardare i compagni: mi ha insegnato tanto. Spalletti giocava più o meno nello stesso modo. Conte un martello, ti inculca la mentalità vincente, la assimili pure se non vuoi. Inzaghi è come un compagno di squadra, ci capisce, ci parla, scherza e ride con noi. Con Conte si scherzava sì, ma di più quando avevamo già vinto lo scudetto”.
I suoi compagni dicono che si sentono più liberi con Inzaghi. Per lei com’è?
“Sono d’accordo, si vede in campo. Come terzo di difesa mi trovo anche in attacco”.
L’anno passato si è parlato di possibile cessione. La farebbe un’esperienza all’estero? A che punto è il rinnovo?
“Una nuova esperienza all’estero non è mai male, ma all’Inter e a Milano sto bene. Non penso di andare via, sono contento. Però non si sa mai che succede. Di rinnovo non ne stiamo ancora parlando, ho il contratto fino al 2023”.
L’attaccante più difficile da marcare?
“Lukaku, per fortuna mi toccava solo in allenamento. È grosso, veloce, completo: non ce n’è un altro così forte e rapido. Dzeko era tosto, difende palla benissimo”.
L’ha segnata la tragedia di Eriksen? Come l’ha vissuta?
“Ero all’Europeo. Guardavamo la tv, il telecronista parlava russo, non capivo nulla, vedevo un giocatore a terra. Poi dall’Inter mi hanno tranquillizzato. Facciamo un lavoro bellissimo, siamo pagati bene, ma la vita è una. Ci ho riflettuto tanto, ma non voglio pensare che potrebbe succedermi una cosa simile”.
Come l’anno scorso siete partiti piano: l’Inter sembra uno sprinter che esce male dai blocchi. Perché?
“Me lo chiedo anch’io. È una questione anche fisica con tante partite vicine, ma è la dimostrazione che la squadra non molla mai”.
Perché in Europa faticate più che in Italia?
“In Serie A si lavora molto sulla tattica, non si gioca avanti e indietro ma più con la testa. Gli inglesi vanno, vanno, vanno. Con il Real abbiamo fatto bene, poi prendi gol su un tiro da 25 metri all’incrocio. Con certe squadre devi capitalizzare l’occasione”.