Diciamoci la verità: il calcio italiano soffre, ancora, di un complesso di inferiorità. Troppe le batoste prese negli ultimi anni, troppe le umiliazioni, troppi i titoli di giornale, anche nostrani, esaltanti le gesta delle top estere nelle competizioni europee. Eppure, nel recente passato e nel presente, il calcio italiano sta dimostrando segnali di rinascita, anche a livello internazionale: la Juventus che dà una lezione di calcio al Barcellona qualche anno fa; la stessa Juve che sfiora una clamorosa rimonta in casa del Real Madrid; la Roma che elimina il Barcellona; il Napoli che piega due volte il Liverpool di Klopp al San Paolo; l’Atalanta che passeggia sul Valencia negli ottavi della scorsa Champions League; la Lazio che supera facilmente il Borussia Dortmund del fenomeno Haaland; la Nazionale di Mancini tornata ad emozionare i tifosi azzurri dopo aver toccato il baratro dell’esclusione Mondiale.
Non basta. Il calcio italiano si sente ancora un gradino, o più, sotto le altre. Come se il calcio si giocasse in modo diverso in base al paese, come se il pallone fosse di una forma diversa quando si corre su campi internazionali. E’ ora di svegliarsi! E’ ora di far capire, prima di tutti all’Italia stessa, che il vento sta cambiando, ma per farlo davvero bisognerà prima di tutto cambiare la mentalità.
Già, la mentalità: quanto conta nel calcio. E’ la mentalità, probabilmente, ad aver mantenuto Barcellona e Real Madrid ai vertici del calcio internazionale nonostante le difficoltà degli ultimi anni, in campo finanziario prima ed ora manifeste anche sul campo da gioco e nei risultati. E’ la mentalità che non ha permesso all’Inter di uscire indenne nella sfida dell’andata a Madrid contro un Real apparso vulnerabile, battibile, normale. Eppure quell’aurea di squadra imbattibile, di avversario impossibile da affrontare, di ostacolo insormontabile, aleggia sempre intorno alla squadra di Zidane. Colpa, o merito, della mentalità.
E’ ora di svegliarsi, dicevamo. E’ ora di dare una svolta. E l’Inter ha la possibilità di farlo stasera. L’Inter ha la possibilità di mettere una pietra tombale sopra quel senso di inferiorità che ancora grava sul calcio italiano nei confronti di quello spagnolo, di quello inglese, di quello tedesco e, ahinoi, persino, talvolta, di quello francese, senza offesa per i cugini d’Oltralpe. Questione di mentalità, di mentalità da cambiare, di mentalità a cui l’Inter può, e deve, dare uno switch, non solo per sé stessa, ma per tutto il calcio italiano.
La squadra di Conte questa sera avrà un solo obiettivo: vincere, vincere a tutti i costi. Vincere per rimettersi prepotentemente in corsa per il passaggio del turno agli ottavi di finale di Champions League, in un gruppo in cui, al giro di boa, tutti vedono il traguardo a portata di mano e pronto a sfuggire via. Vincere per scrivere a caratteri cubitali che sì, quest’Inter è davvero quella squadra pronta ad essere una big, pronta a ritornare grande in Europa ed in Italia, dando ragione a tutti coloro che indicano nella squadra nerazzurra la vera e sola antagonista della Juventus per lo scudetto, se non la favorita. Vincere per l’intero movimento calcistico italiano, pronto a risentirsi grande, pronto a risentirsi importante, pronto a risentirsi al pari livello con gli altri.
Per l’Inter, per l’Italia e per il nerazzurro. Sì, perché sorte simile tocca all’Atalanta: destinata a fare il colpaccio, questo sì, in casa del Liverpool. Discorsi paralleli quelli tra Inter ed Atalanta, ma con qualche precauzione maggiore quando si inizia a parlare della squadra di Gasperini: la mentalità internazionale, a Bergamo, è ancora da costruire, nonostante i quarti di finale di Champions League raggiunti qualche mese fa; il Liverpool è il Liverpool, e, mentalità e blasone a parte, resta una squadra sulla carta superiore in tutti i reparti all’Atalanta. Eppure anche la Dea ha l’obbligo di provarci e semmai dovesse riuscirci, conquisterebbe non solo la reale possibilità di qualificarsi al prossimo turno, ma anche un altro indizio, evidente, del ritorno del calcio italiano nelle vette dei palloni di tutte le forme, lingue e mentalità d’Europa.
L’Italia tifa nerazzurro. L’Italia tifa sé stessa.