Armando Izzo è stato ascoltato al Nuovo Palazzo di Giustizia di Napoli, dal sostituto procuratore antimafia Maurizio De Marco, nell’ambito del processo sul calcioscommesse. L’attuale difensore del Torino è indagato in relazione alla partita Modena-Avellino del 17 marzo 2014. Izzo non prese parte a quella sfida perché “simulai un infortunio per non essere coinvolto in una combine”. L’ex centrale del club irpino ha chiarito l’intera vicenda: “Ero ancora un ragazzino quando promisi a mio padre che gli avrei portato la maglia del Napoli sulla tomba. Perché era questo il mio sogno, il nostro sogno, quello di arrivare a giocare per la Serie A”.
“Ero a Secondigliano, a casa della mamma, ricevo una chiamata di Luca Pini, un collega calciatore che faceva anche il gioielliere – ha continuato Izzo -, doveva consegnarmi delle collane per moglie e figli. Con lui c’era Salvatore Russo, detto Geremia. Mi portano in un ristorante dove trovo Millesi con i fratelli Accurso (elementi di spicco della camorra di Secondigliano, ndr). Loro mi dissero di accordami ma a me quel raduno puzzava, vidi un’aria strana al punto tale che dopo una trentina di minuti presi un taxi e andai via. Intuii che si trattava di qualcosa di strano”. Ci fu anche un secondo approccio, questa volta a Trieste: “Vennero da me. Mi dissero che volevano truccare le partite, io dissi solo che volevo fare carriera, negando il mio contributo: fu allora che pensai alla promessa fatta a mio padre e alla mia infanzia nel lotto g”.