Il bello del calcio, il marcio del giornalismo: forza Chris!

Chris

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Il cuore si è fermato. E no, non parliamo di quello di Eriksen. Parliamo di quello di milioni di appassionati di quel magnifico sport, anzi, magnifico universo che è il calcio. Il cuore si è fermato, la vita si è fermata. La nostra insieme a quella di Chris. E mentre lui cadeva a terra privo di sensi il mondo del giornalismo aveva due strade da percorrere: abbassare lo sguardo ed aspettare notizie dalle uniche fonti possibili in quel momento, i medici, o addentrarsi, spiare, seguire le vicende collaterali, scovare con le telecamere ogni minimo dettaglio delle impressionanti scene  di Chris a terra.

Già, Chris a terra, ma non per colpa sua. E già, il giornalismo a terra, sotto terra, quello che tra le due strade da percorrere ha scelto quella dello sciacallaggio, degli ascolti, dello scoop a tutti i costi, anche quello della decenza. Perché vendere non è importante, è l’unica cosa che conta per quel “giornalismo” che sceglie sempre e comunque la strada più facile per tenere gli spettatori incollati alla tv, ottenere un click o attirare un lettore in più. Il “giornalismo”, quello tra virgolette, ha scelto la strada della sua stessa condanna e per fortuna è stato battuto da quello stesso calcio che crede di saper raccontare.

E così, mentre il “giornalismo” inquadrava senza rispetto la compagna di Chris in lacrime, trasmetteva in loop le immagini della caduta dello stesso Chris e dei primi soccorsi ricevuti, pubblicava sulla rete le immagini da brividi dell’accaduto oppure ancora intervistava fino all’ultimo dei cardiologi per domande inopportune e supposizioni senza un minimo di fondamento o importanza, il calcio si stringeva attorno a Chris e dimostrava un lato umano che solo lo sport può tirare fuori.

Lo dimostrava con Simon Kjaer e tutta la squadra danese: il difensore del Milan è stato il primo a soccorrere il centrocampista dell’Inter in uno dei derby più belli della storia, quello tra loro due. E lo stesso Kjaer ha stretto poi tutti i suoi compagni in un cerchio a difesa del povero Chris mentre i medici tentavano di rianimarlo. Questione di rispetto, di umanità, di privacy. Questioni che dovrebbero essere scontate e che invece il “giornalismo”, quelgiornalismo, continua a non saper raccontare. Non solo: la loro parte l’hanno fatta anche i Tifosi, questi sì, senza virgolette e anzi con la T maiuscola. Oltre al silenzio ed agli applausi di incoraggiamento, solo quando utili, per Chris, in uno stadio senza calciatori in campo ed in attesa di notizie (dai medici), finlandesi e danesi hanno intonato un unico coro: Chris Eriksen.

E l’unica notizia che contava è poi arrivata: Chris sta bene! Chris è stabile! Chris è sveglio! Noi di CIP siamo stati tra i primi a riportarla in Italia perché mentre il “giornalismo” faceva ritratti di Sabrina Kvist Jensen, moglie di Chris e personaggio che avrebbe assicurato molte views in quei drammatici momenti, noi attendevamo quella notizia dai medici come i milioni di appassionati di quel magnifico universo che è il calcio. Avevamo anche noi le immagini di quei terribili momenti che provenivano dalle agenzie fotografiche. Potevamo anche noi raccontare la storia della povera moglie di Chris. Eppure non lo abbiamo fatto.

Nessun merito, nessun vanto per ciò che dovrebbe essere naturale ma in questo mondo di sciacalli è diventato da sciocchi. Ed allora saremmo anche sciocchi, ma se ci siamo interrogati, durante quei momenti, di sospendere temporaneamente la nostra attività e abbiamo invece deciso di concentrare le nostre forze nel ricercare ogni minima notizia di speranza, è proprio perché questo mondo vogliamo cambiarlo: in quel momento eravamo a terra con Chris e non con quel “giornalismo”. In quel momento eravamo col cuore spezzato come chi ama il calcio, come chi ama la vita. Come Chris!