Il Barcellona ha affrontato negli ultimi anni uno dei periodi più neri della sua storia. La società ha infatti patito per lungo tempo le tante macerie lasciate dell’era Bartomeu, che ha portato il club quasi sul lastrico e con un malcontento mai visto prima. Dal ritorno dello storico ed amato presidente Joan Laporta è iniziata una graduale rinascita che ancora oggi sta compiendo il suo percorso, ma in Catalunya, sotto tanti punti di vista, sta finalmente tornando la luce. Il Barça ha saputo ricostruirsi partendo dalla base migliore possibile: Xavi Hernandez, un uomo che per il popolo azulgrana rappresenta l’ultimo erede della filosofia crujffiana tramandata da Guardiola nell’era moderna, risultando essere, a conti fatti, la figura ideale per restaurare la gloria della squadra.
Il punto di partenza per l’ex capitano blaugrana è sempre stato uno e uno soltanto: la filosofia. Xavi si è infatti dimostrato un grande studioso del calcio totale ed un fiero portabandiera di quell’idea tattica, ed il suo primo grande merito è stato senza dubbio quello di aver riportato quella mentalità ad una squadra che negli ultimi anni si era sensibilmente allontanata dalla sua identità e dai suoi principi. Il tecnico spagnolo ha inoltre ridato nuovamente un valore centrale alla Masia, storico settore giovanile azulgrana che nella storia si è distinto come potente arma in più del club. Basti guardare il ruolo centrale che Pedri e Gavi hanno all’interno dei meccanismi di gioco, e di come calciatori come Baldé, Araujo ed Eric Garcia abbiano trovato spazio ed importanza nelle gerarchie della squadra.
Xavi però è andato oltre. Egli non si è semplicemente limitato a riportare la filosofia a Barcellona, ma è riuscito ad adattarla magnificamente al calcio moderno, proponendo un gioco più verticale, rapido ed aggressivo. Questa evoluzione, in termini di campo, si traduce con una squadra che certamente domina sul possesso palla e mantiene la prima costruzione orizzontale, ma che si trasforma totalmente quando mette piede nella metà campo avversaria. I ragazzi di Xavi scambiano tanto fra le linee, invertono le posizioni, cercano l’1v1 e manovrano magnificamente nello stretto: una rivisitazione del calcio totale che non abbandona i principi storici che la contraddistinguono, ma che allo stesso tempo si adatta perfettamente al football odierno.
Il campo tuttavia non è l’unico fattore da considerare in questa rinascita. La dirigenza blaugrana, guidata da Joan Laporta e Alemany, è riuscita, non senza sacrifici, a fare un mercato di grandissima caratura, per poter garantire a Xavi una squadra altamente competitiva sin da subito. Uno dei cardini assoluti in questo senso è stato senza dubbio l’arrivo di Robert Lewandowski, attaccante totale ed uno dei dominatori assoluti dell’era moderna. L’ex Bayern si è trovato da subito splendidamente nei complessi schemi del tecnico catalano, risultando essere una figura universale e non solo un grande goleador.
Gli arrivi di Christensen e Koundé hanno puntellato dignitosamente la difesa, mentre Marcos Alonso e Ferran Torres offrono tante possibilità diverse per via della loro duttilità tattica. In tutto ciò è emerso l’immenso talento di Pedri e Gavi, gioielli della Masia destinati a guidare la squadra nei prossimi anni ed a portare grandi trionfi in terra blaugrana. Il mercato tuttavia ha portato anche alcuni punti interrogativi, come ad esempio Franck Kessié, ma questo Barcellona è ancora una macchina in costruzione, ed i momenti di transizione portano inevitabilmente ad esperimenti e scelte che spesso non rendono al meglio.