2 gol e 3 assist, una partenza di stagione positiva, quella di Giovanni Simeone, attaccante dell’Hellas Verona intervistato da La Gazzetta dello Sport: “Me lo aspettavo? Sì, per vari motivi: mi sono preparato tantissimo per questa stagione. E perché ho tanta fiducia in me stesso e nella mia squadra. Ho fiducia nell’idea e nell’identità del Verona, in cui mi rispecchio. Mi sembra di essere qui da una vita. Lavoriamo e pensiamo tutti allo stesso modo”.
Sul trasferimento all’Hellas: “Mi ha chiamato il direttore D’Amico e mi ha fatto capire quanto mi volevano. Secondo lui in questo gruppo potevo entrarci perfettamente. E aveva ragione, anche perché la prima cosa che gli ho detto è che, appunto, mi identificavo tanto nella loro filosofia di gioco, e nella determinazione della squadra a non mollare mai. Questo mi ha aiutato a scegliere”.
I segreti: “Oltre al lavoro, studio e faccio meditazione. E’ una cosa che ho imparato e aggiunto alla mia preparazione. Analizzo le mie partite e cerco di correggere i difetti. Poi guardo quelle delle altre squadre e annoto su un taccuino i movimenti dei difensori, le loro caratteristiche. Cerco la soluzione per superarli. Poi i portieri: parlo col prof Cataldi (il preparatore, ndr) che mi indica i loro punti deboli. E io scrivo sul taccuino. Ovvio, è sempre il mister che mi dice come giocare, io ci aggiungo qualcosa. Infine la meditazione, la faccio tutti i giorni. Ho diversi metodi, molti basati sulla respirazione. Mi concentra e mi rilassa. E mi serve in partita per scacciare subito via il pensiero cattivo di una giocata sbagliata e non restare condizionato. Insomma, cerco di migliorarmi in ogni dettaglio. L’idea di base è il lavoro continuo, cercare sempre soluzioni nuove. L’anno scorso mi sono un po’ perso. Quest’anno sto molto meglio fisicamente e mentalmente”
Su Tudor: “Un allenatore di grande personalità e con tantissima voglia di tramettere entusiasmo ed energia. Ci è riuscito in pieno con me e con tutta la squadra. Che aveva bisogno di essere motivata”
Sul partner d’attacco, Kalinic: “Lui è forte, aveva fatto bene a Firenze, al Milan e all’Atletico con mio padre. Quando sono arrivato in viola, ho guardato i suoi video per sapere come giocare. Ora che l’ho conosciuto mi ha impressionato il fatto che è un bravo ragazzo, trasparente. Di solito tra giocatori dello stesso ruolo si parla poco causa rivalità. Con lui no. E’ molto importante. Giocare insieme? Per me sì. Contro un certo tipo di squadre e quando serve possiamo essere complementari. Lui tiene bene palla e fa giocare la squadra, io attacco la profondità. Possiamo aiutarci a vicenda”
Il confronto con il padre: “Non lo penso più, non sento più il paragone. Ora cerco di essere me stesso, la miglior forma di me stesso. Papà resta un idolo come persona. Papà qualche tempo fa mi passò al telefono Crespo che mi disse: “Sei fortissimo, ma devi essere più cattivo”. Ma io non sono così: lotto con onestà e rispetto e mi faccio rispettare. Ma non mi interessa essere cattivo in quel senso. Posso reagire, mai provocare”.