Guerra in Ucraina, Fonseca è tornato a Lisbona: “Viaggio difficile”
La guerra in Ucraina ha sconvolto il mondo, anche quello calcistico. Sono tante le personalità del calcio che si sono espresse e che, anche direttamente, hanno vissuto i giorni di terrore che stanno tenendo in ansia il pianeta. Sulla guerra in Ucraina ha parlato anche l’ex tecnico della Roma Paulo Fonseca che, ieri dopo mezzanotte, è rientrato in patria a Lisbona. Ecco quanto detto ai media locali.
Guerra in Ucraina, Fonseca è rientrato a Lisbona: “Stanno soffrendo molto e combattendo duramente per difendere la patria”
Sul rientro a Lisbona
“Avevamo in programma di andare in Svizzera in aereo alle 10 di giovedì. Erano le 4 del mattino e abbiamo sentito le bombe cadere a Kiev. È stato il momento più difficile, siamo stati presi dal panico, abbiamo preso le nostre borse, siamo usciti in strada, abbiamo cercato di lasciare Kiev in quel momento, ma c’era troppo traffico sulla strada principale. Da lì, siamo andati all’hotel del presidente dello Shakhtar Donetsk, insieme allo staff e ai giocatori del club. Ci siamo sentiti molto spaventati dalle bombe che cadevano vicino a noi. Non avevamo alcun dubbio che la guerra fosse iniziata”.
Sulla terribile situazione degli ucraini
“Non ho parole per descriverlo. Stanno soffrendo molto e combattendo duramente per difendere la patria. Il presidente è il primo. C’era una lista enorme di persone che volevano entrare in Ucraina per aiutare l’esercito. Ci sono numerosi personaggi pubblici che si sono arruolati per combattere. Sarà difficile per queste persone, ma credo che abbiano già vinto questa guerra. Abbiamo molti amici che si sono arruolati e stanno difendendo l’Ucraina. I nostri amici stanno bene, al fronte. Siamo molto preoccupati per loro”.
Sul viaggio
“È stato un viaggio difficile, non tanto per quello che stavamo vedendo. Ovviamente abbiamo visto colonne militari, ci siamo fermati una o due volte e abbiamo sentito sirene, aerei che passavano. Il viaggio è stato molto lungo, quasi senza sosta praticamente, sempre con la sensazione di pericolo. Questa è stato la cosa peggiore. C’erano code ovunque, non c’erano né cibo né benzina nelle aree di servizio”.