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Governo, lo stop allo sconto fiscale gela il calciomercato

A volte basta poco per mandare nel panico una macchina imponente e ben oliata come la Serie A. In questo caso, una circolare dell’Agenzia delle Entrate. Che non fa altro che prendere atto di una situazione che esiste da un anno e mezzo, ossia da quando è stato varato il Decreto Crescita. Che, come tutti i decreti, ha bisogno dei decreti attuativi che rendano efficaci le misure in esso contenute. Compresa, evidentemente, quella sugli sgravi fiscali per gli sportivi professionisti che scelgono l’Italia. Un modo per incentivare i campioni, del calcio e non solo, a trasferire la residenza fiscale nel nostro Paese. Godendo, dal 2020, di un regime fiscale di favore. In questo senso, i redditi prodotti dagli sportivi professionisti concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare.

In vigore dall’estate 2020, è stato il grimaldello, ad esempio, per far arrivare De Ligt alla Juventus. Se i bianconeri hanno superato la concorrenza del Barcellona, al di là del progetto tecnico, è anche perché hanno potuto garantire al giovane difensore olandese un contratto migliore. E lo stesso vale per l’ingaggio, un anno fa, di Eriksen da parte dell’Inter. Adesso, però, il rischio è questo sconto fiscale venga meno. Manca, come accennato, il decreto attuativo. Senza il quale, come rivelato dal giornalista del Sole 24 Ore Marco Bellinazzo, vengono bloccati gli effetti del Decreto Crescita, e quindi lo sconto del 50% sull’imponibile dell’ingaggio dei giocatori.

Un bel problema, ma anche un nodo da sciogliere, tutto politico. I decreti attutativi, spesso e volentieri, sono solo una formalità, e le lungaggini, in sede legislativa, sono all’ordine del giorno. In questo caso, però, potrebbe mancare la volontà. La misura, infatti, rischia di incorrere nello stop dell’Unione Europea, che la potrebbe considerare concorrenza sleale. E questo, per mille motivi che non serve neanche spiegare, non è il momento di uno scontro in sede comunitaria. Perché oltre e sopra al calcio ci sono cose decisamente più importanti.

Se dovesse andare effettivamente così, però, i club di Serie A avrebbero un’arma in meno per trattare i giocatori dei campionati esteri. Anche se, a ben vedere, non si farebbe che tornare alle condizioni di due anni fa, al netto della crisi economica. Per capire l’impatto del Decreto Crescita, torniamo all’esempio di De Ligt. Il suo contratto prevede un ingaggio netto di 7,5 milioni di euro, più 4,5 milioni di parte variabile (bonus). Per la parte fissa, lo stipendio lordo pagato dalla Juventus è, attualmente, di 10,3 milioni di euro, dai 13,2 previsti prima del Decreto Crescita. Una cifra che sale, con i bonus, a 16,5 milioni di euro, con un risparmio di ben 4,5 milioni di euro l’anno.

Fatte le debite proporzioni, è questa l’incidenza sugli stipendi dei calciatori arrivati dall’estero nelle ultime sessioni di calciomercato. Nel caso in cui il decreto attuativo non arrivasse, è ipotizzabile che a pagare il conto siano le società, a meno che non trovino un accordo diverso con i propri giocatori. Sul mercato invernale, tutto questo, specie per la mancanza di certezze, non può non avere un peso. Ma è anche vero che, su un ingaggio, ipotizziamo, di 3 milioni di euro annui, il risparmio sarebbe di poco più di un milione l’anno. Troppo poco, forse, per far saltare una trattativa, ma abbastanza per consigliare prudenza in un mercato in cui, comunque, non girerà il becco di un quattrino.

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Published by
Piermichele Capulli