Gigi Riva, storia infinita: dall’orfanotrofio alla conquista della Sardegna
Gigi Riva Storia – La storia infinita di Rombo di Tuono: l’uomo che non voleva andare a Cagliari, ma che conquistò il cuore di tutti gli italiani.
Rombo di tuono non c’è più. Gigi Riva ci ha lasciati nella sera di lunedì 22 gennaio all’ospedale San Michele di Cagliari. Nonostante fosse ricoverato in situazioni critiche da sabato, la sua scomparsa è stata per tutti come un fulmine a ciel sereno, o per l’appunto…come un “rombo di tuono” nella notte. Riva non è stato solamente uno dei più grandi – se non il più grande – attaccante della storia del calcio italiano, ma è stato un simbolo per Cagliari e per un’intera isola, la Sardegna, che ha conquistato a suon di gol, ma anche e soprattutto grazie alla sua umanità. Un vero uomo di parola e dai sani valori, che rifiutò più volte la Juventus per non tradire il suo popolo. Dall’infanzia in orfanotrofio alla conquista del cuore di tutti gli italiani: riviviamo assieme la storia di Gigi Riva.
La storia di Gigi Riva: la difficile adolescenza
Gigi Riva nasce a Leggiuno, in provincia di Varese il 7 novembre 1944, e non ebbe un’ infanzia serena; i suoi genitori lo misero presto in collegio, e a soli 18 anni rimase orfano. Prima la scomparsa del padre Ugo, poi quella della madre Edis, che per portare a casa qualche soldo in più era andata a lavorare in una filanda, costrinsero Luigi ad andare in orfanotrofio. Un’adolescenza sicuramente non comune e difficile per il giovane Riva, che dimostrò già in quel caso tanta maturità. “Anni difficili, la povertà, i lutti e l’umiliazione degli orfanotrofi. Sono cose che ti segnano profondamente, che non puoi dimenticare. Avrei potuto fare il bandito, magari il contrabbandiere, come tanti delle mie parti. Il pallone mi ha salvato”, queste sono solo alcune delle parole celebri che Riva sottolineò nel corso degli anni, e che fanno comprendere quanto sia stata travagliata la sua adolescenza, salvata da una forma sferica di cuoio: il pallone.
Laveno, Legnano e poi Cagliari
I primi calci al pallone Luigi Riva inizia a tirarli all’oratorio, dove fa intravedere le sue prime grandi qualità, poi le giovanili nel Laveno e nel Legnano, dove debuttò in Serie C non ancora diciottenne il 21 ottobre 1962 (e segnò anche un gol). Dopo le prime partite giocate in Nazionale Juniores se ne innamorò Arrica, factotum del Cagliari, che decise di portarlo in Sardegna strappandolo al Bologna per la cifra che allora creò scalpore di 37 milioni di lire.
“Non volevo andare a Cagliari”
“Non volevo andare a Cagliari. Una volta, durante una trasferta con la nazionale juniores, sorvolammo l’isola pensai che non mi sarebbe piaciuto vivere da quelle parti. Il primo viaggio in aereo a Cagliari fu un’odissea: cambiai tre aerei. Un anno dopo, ero stato conquistato dalla Sardegna e dal cuore della gente. Un popolo, quello sardo, in sintonia con il mio carattere”. Gigi si irrobustì col fisico, che era l’unico aspetto nella quale in quegli anni era un po’ carente, e iniziò a ingranare davvero bene. Riva infatti portò il Cagliari in Serie A a suon di gol, mostrando uno strapotere fisico e tecnico che lo rendevano quasi immarcabile agli avversari.
Gigi Riva e la storia con il Cagliari
Con il Cagliari fu amore puro dopo poco. Ben tredici furono e stagioni di Riva con la maglia dei Casteddu, per un totale di 378 presenze e 208 gol, che gli fecero vincere per tre volte la classifica dei cannonieri. Una forma fisica e uno status tecnico, quello dell’attaccante di Leggiuno, che attirò inevitabilmente le attenzioni di tanti top club italiani: su tutti la Juventus. Riva però mai volle staccarsi dalla Sardegna, la terra che lo aveva accolto e adottato, ma soprattutto portato ai massimi livelli del calcio italiano. Tanti furono i rifiuti di Gigi alle altre squadre, tutto per amore del Cagliari.
Il periodo d’oro in Nazionale
Il periodo d’oro di Gigi Riva nella storia della Nazionale Italiana va dal 1968 al 1970. Nel 1968 si laureò Campione d’Europa con la nazionale, mentre andò ad un passo dalla conquista dei Mondiali nel 1970 contro il Brasile di Pelè, dove diventò vicecampione del mondo a Mexico ’70, che gli valse anche il secondo posto al Pallone d’Oro di quell’anno.
Gli infortuni, la depressione e il ritiro
Non sarà tutta rosa e fiori la storia di Gigi Riva nel mondo del calcio. Rombo di Tuono infatti ha dovuto fare i conti con due gravi infortuni. Il primo nel 1967, dove in una banale amichevole internazionale riportò la frattura del perone per via di uno scontro di gioco col portiere. Il secondo il 31 ottobre del 1970 durante Austria-Italia: ancora frattura del perone, ma anche della tibia della gamba destra.
Nella storia del grande campione, però, non c’è solo calcio. Gigi Riva infatti dovette anche convivere con la depressione attorno ai 30 anni, che definì “il suo avversario peggiore”. “Un problema di testa con cui ho imparato a convivere. Mai del tutto, perché quando si rifà vivo rimane un brutto avversario da affrontare. Quando sono uscito per sempre dal campo, dal sogno che si era avverato e aveva tenuto lontani, entro certi limiti, i fantasmi notturni, ho dovuto cominciare a fare i conti, fino a lì sempre rimandati, con quella parola. Depressione. Che fatico persino a pronunciare, perché significa farmi del male”, queste alcune delle sue parole in merito alla questione.
Il ritiro di Gigi Riva avvenne a seguito di un altro guaio fisico grave: uno strappo muscolare riportato il 1° febbraio 1976 in Cagliari-Milan. In quella fredda domenica Rombo di Tuono disse per sempre basta al calcio giocato, a neanche 32 anni: da quel giorno, e per sempre, verrà ricordato come uno dei più grandi calciatori della storia del calcio italiano.