Gianluca Vialli, l’ultima lezione del campione

morto gianluca vialli

(Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Gianluca Vialli troneggia a Stamford Bridge e a Genova, due posti così diversi eppure legati a doppio filo nei giorni del dolore e del ricordo. L’attaccante ha vissuto tante vite in una, come spesso succede ai più grandi. L’importanza di Vialli viene celebrata in questi giorni attraverso video, prove, documenti. Le sue ultime parole: la volontà – indomita – di non perder tempo di fronte alla malattia che avanzava senza sosta. Godersi ogni attimo, l’ha sempre sostenuto. Ha, però, parlato anche della vergogna degli inizi.

Quando una croce simile sembra che capiti soltanto a te: “Giravo con il maglione sotto la camicia per far vedere che ero il solito Gianluca di sempre e non far soffrire le persone a cui voglio bene”. Quelle che, oggi, soffrono in silenzio. Magari accennano anche un sorriso perché lui avrebbe voluto così: lo sanno i compagni di quella Sampdoria con cui ha vinto il massimo possibile, ne è a conoscenza Roberto Mancini (che l’ha portato anche in Nazionale, dimostrando a tutti che la fratellanza non termina in campo ma prosegue anche e soprattutto fuori) che lo ricorda come un uomo straordinario che amava la vita.

Gianluca Vialli, l’eredità nelle parole

In questi giorni confusi ricorre spesso il termine resilienza, abbinato a lotta, tenacia e coraggio. Non è solo questo: Gianluca Vialli non deve essere ricordato solo per quest’ultimo periodo. Quello che ha lasciato, invece, resterà per anni e paradossalmente è legato a una frase che ha detto alla Nazionale in ritiro qualche tempo fa. Prima di ritirarsi per dedicarsi a sé stesso e tentare di venir fuori da un rompicapo assai più grande e contorto: “Voi non siete mai soli”, diceva ai ragazzi della Nazionale. Soprattutto a quelli appena arrivati che si guardavano intorno senza meta chiedendosi “Dove sono?” in continuazione. Gianluca Vialli prendeva per mano chiunque per poi restare solo – successivamente – lui.

Mancini Vialli
(Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Nella finale dell’Europeo – vinta dall’Italia a Wembley – tutti ricordano l’abbraccio finale con Mancini. Ma Gianluca Vialli durante i rigori, mentre tutti erano abbracciati a qualcuno nell’attesa, era l’unico solo. Voltato di spalle a sperare e capire. Poi l’urlo. Si gira e va a cercare immediatamente Mancini. Il resto è storia, ma cosa significa? Vuol dire che davvero nessuno è solo se c’è qualcuno pronto a tendergli una mano: Vialli è stato bomber, quindi fortemente opportunista, per poi reinventarsi uomo spogliatoio.

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Quello in grado di esserci sempre per gli altri e poi farsi da parte al momento opportuno. Quella presenza discreta e imponente fatta di garbo e necessità. Quella che se si gira e resta in disparte, probabilmente, all’inizio non se ne accorge nessuno ma poi manca. Al punto da cercarla nelle foto, fuori lo stadio, a casa, negli angoli più impensabili. “Voi non siete mai soli”. Se esiste un lascito, questo, forse, è il più bello. Da ricordare come un mantra che salva anche quando non c’è più nulla da salvare.