Ivan Gazidis, amministratore delegato del Milan, ha rilasciato un’intervista a Sette, inserto del Corriere della Sera, parlando a 360 gradi del percorso dei rossoneri sotto la guida di Stefano Pioli, del futuro del club nei prossimi anni e di come stanno andando le sue cure:
“La mia esperienza inizia negli Usa, là il successo della Mls dipende proprio dal formare giovani calciatori americani. In Premier abbiamo rinnovato completamente il percorso di sviluppo dei calciatori inglesi, ai club venivano dati incentivi per sviluppare le Academy ma dovevi soddisfare standard molto. All’Arsenal è stato investito tanto denaro in un programma dai 9 ai 16 anni: abbiamo scelto uno staff totalmente internazionale. I giocatori che all’epoca avevano 12 anni, ora sono i nazionali Saka, Sancho… La filosofia era quella non di proteggerli dalla competizione, al contrario di esporli: quindi non l’obbligo di avere un certo numero di giocatori inglesi in squadra, ma l’obbligo di rispettare certi standard, così i giocatori inglesi dovevano essere all’altezza. Nessuno può pensare oggi di vincere solo con campioni già affermati. Credo che il calcio italiano sia un po’ conservatore, come quello inglese 10 anni fa, deve guardare non solo avanti ma anche fuori, ci sono idee interessanti in giro. Però qualcosa sta cambiando, la Nazionale lo dimostra“.
SUL MILAN: “Do molto credito alla leadership di Pioli, un uomo curioso, che segue come il calcio si evolve, ma anche alla fame dei giocatori. Il calcio è anche un gioco mentale. Ho letto un libro molto interessante, The captain class, parla del tiro alla fune: ci sono degli studi, quando una persona tira contro un’altra sviluppa una certa forza, quando ci sono otto persone da una parte e otto dall’altra scopriamo che il singolo ce ne mette di meno. Perché in un angolo del cervello pensa che qualcun altro si farà carico della sua responsabilità. Ci sono giocatori la cui influenza va oltre la performance in campo, si sviluppa nel 5% che danno in più a tutti gli altri. Ibra è così. Ma anche Kjaer è un leader e, con stili diversi, Kessie e Bennacer“.
SULLE ASPETTATIVE DEL CLUB: “A noi piacciono le alte aspettative! Puoi arrivare primo o quinto ma quello che conta è mostrare che si può avere fiducia nel club. Siamo stati fra i pochi al mondo nelle condizioni di poter investire quest’estate, il Milan sta crescendo dal punto di vista economico e la gente sta tornando ad essere orgogliosa di essere milanista. Quello che conta è costruire questo senso di appartenenza, altrimenti si tratta solo di stare a guardare dei milionari che prendono a calci un pallone“.
SUL NUOVO STADIO: “Noi siamo pronti. Prima lo facciamo, prima Milano avrà non solo uno stadio a livello mondiale, ma due squadre a livello mondiale. Sarà importante anche per la città: la gente verrà a Milano e sarà uno dei posti che vorrà visitare, come il Duomo“.
SULLE SUE CONDIZIONI DI SALUTE: “Mi sento bene: sono molto impegnato, riesco a coniugare il lavoro e le terapie. Sembra che stiano avendo effetti positivi, mi rendono fiducioso per un pieno recupero, spero di tornare il prima possibile. Riesco comunque a seguire il Milan, ho visto la bella partita con il Cagliari e rivedere San Siro nuovamente vivo è stato emozionante, mi sentivo anch’io tra la Curva. L’affetto dei tidosi? Sono rimasto senza parole per i messaggi che mi sono arrivati dalla grande famiglia Milan. Tutto questo mi sta dando un’energia incredibile. Ora capisco cosa provano i giocatori quando sentono la spinta dei tifosi allo stadio”.