Kepa, il portiere più pagato del mondo, oggi scalda la panchina del Chelsea. Le qualità tecniche, innate o allenate, aiutano senza dubbio a emergere e fare carriera, ma se la testa non le supporta, allora si rischia di precipitare in un buco nero. Toccare il fondo è doloroso, tastare con mano i propri fallimenti, leggere la delusione sulle facce degli altri e le critiche di tifosi e giornali può essere devastante. Al tempo stesso, però, può anche essere consolatorio, perché dal fondo si può solo risalire.
Questo tipo di consapevolezza serve al portiere del Chelsea Kepa per dimenticare un 2020 che definire da incubo sarebbe eufemistico.
Il portiere basco è scivolato indietro nelle gerarchie della squadra di Lampard – che è dovuta intervenire sul mercato per comprare un altro estremo difensore, Edouard Mendy dal Rennes – e non ha fatto nulla per ricordare a club e tifosi il perché Roman Abramovich decise, due anni fa, di spendere gli 80 milioni di euro della clausola rescissoria presente nel precedente contratto che lo legava all’Athletic Club de Bilbao e renderlo il portiere più pagato nella storia del calcio.
E dire che Lampard, all’inizio di questa stagione, qualche chance gliel’ha voluta dare. Kepa è partito come il titolare in Premier League, giocando le prime due contro Brighton e Liverpool per poi scendere nuovamente in campo due turni dopo contro il Southampton. Anche in questo caso, prestazioni scadenti ed errori, in particolare uno grossolano contro i Reds che ha spalancato la porta a Mané.
Il 2020 di Kepa al Chelsea è costellato di errori e di immagini che lo rappresentano mentre raccoglie la palla dal fondo della rete; oppure mentre siede in panchina. Il titolo di portiere più pagato di sempre e il contratto multimilionario rappresentano una gabbia dorata. Gabbia dalla quale è meglio che Kepa esca il prima possibile, anche abbassando le proprie pretese economiche e dando priorità ad un cambio d’aria. Alla sua carriera serve una scossa, una ripartenza che lo aiuti a ritrovare fiducia e un ruolo centrale all’interno di un progetto sportivo che non può più essere quello del Chelsea.