Fiorentina, la cura Prandelli è un placebo
La Fiorentina non va, non gira, non funziona e non incide. Il ritorno di Prandelli, romantico e giustamente festeggiato dall’ambiente viola, per ora non dà frutti. Vero che di tempo ne è passato ben poco, e che è prestissimo per fare i conti, ma la sconfitta di ieri a San Siro sottolinea tutti i limiti di una squadra che non riesce a trovare la quadratura del cerchio. Di fronte, ha trovato un Milan capace di raggiungere una dimensione impensabile solo un anno fa, e un super Donnarumma. Però, in numeri parlano chiaro, e sono impietosi. La Fiorentina in campionato non segna da 399 minuti, ossia dal gol di Castrovilli contro l’Udinese, e dopo nove giornate le ambizioni estive lasciano il campo alle paure.
Contro il Genoa, alla decima di campionato, non sarà una sfida salvezza, ci sono ancora tre quarti di campionato davanti e tutto il tempo di recuperare. Ma ripartendo da dove? Ieri Prandelli nel post partita ha parlato di incapacità di riempire l’area di rigore. E per una squadra che in rosa ha tre punte come Vlahovic, Cutrone e Kouamé, è una difficoltà non da poco. Manca un bomber, e mancava già all’esonerato Beppe Iachini. Che certo non ha fatto brillare i suoi nelle prime giornate, ma che non aveva neanche ogni colpa. E l’avvento di Prandelli lo conferma. Al di là della qualità di chi siede in panchina, qualche errore è stato commesso anche, se non soprattutto, nella costruzione della squadra. Specie davanti, dove uno tra Cutrone e Vlahovic è di troppo.
L’addio, all’ultimo respiro, a Federico Chiesa, è stato di quelli pesantissimi da digerire. Callejòn, arrivato a parametro zero, è giocatore diverso e in là con gli anni: giocando a questi ritmi può permettersi la Fiorentina sia lui che Ribéry? Qualitativamente, la domanda non si pone: sì. Ma atleticamente, qualche dubbio sorge, anche perché in rosa ci sono anche il trentacinquenne Borja Valero e il classe 1989 Bonaventura. Giocatori tecnicamente eccezionali, ma non più giovanissimi. La ricchezza maggiore, è senza dubbio a centrocampo, dove Pulgar, Amrabat e Castrovilli garantiscono muscoli, geometria e fiato. A patto che non si pestino i piedi. E che Prandelli sappia trovare la giusta collocazione ad ognuno di loro. Il cileno e il marocchino, a volte, sembrano pestarsi i piedi, addormentando la manovra.
Qualche risposta potrà, e dovrà, darla il mercato, al quale manca ancora più di un mese. Durante il quale si giocherà tantissimo, e poi a gennaio non è facile mettere a segno il colpo giusto. La punta è la prima esigenza, il ruolo scoperto e nevralgico, e i nomi in primo piano sono sempre i soliti: Piatek e Milik, con il secondo che deve trovare una squadra per restare nel giro della Nazionale polacca. Il Napoli, nonostante il contratto a scadenza a giugno, vorrà monetizzare, i primi contatti ci sono stati già in estate: potrebbe essere l’uomo giusto.
Nel frattempo, però, la Fiorentina deve ritrovare certezze e serenità. Perché è vero che ieri ha perso di nuovo, ma non è stato tutto da buttare. Il Milan non ha dominato, Donnarumma è stato il migliore in campo, ma la fragilità e l’incapacità di reagire alle difficoltà sono preoccupanti. Un campanello d’allarme suonato già nella sfida del franchi contro il Benevento, e riecheggiato ieri a San Siro. Quello di Romagnoli è il quarto gol subito da calcio d’angolo, e i rigori c’erano entrambi. Segnali di una mancanza di attenzione e lucidità che a certi livelli non ci si possono permettere. Né in difesa, né a centrocampo, reparti in cui le risorse e la qualità, per uscire dall’impasse, alla Fiorentina di Prandelli proprio non mancano. E la prossima, in casa con il Genoa, dovrà assolutamente dare risposte.