Filippo Inzaghi si confessa: tra Milan, Berlusconi e ritiro – L’intervista
Bella e dettagliata intervista di Pippo Inzaghi per Il Corriere della Sera. L’ex calciatore, oggi allenatore della Salernitana, si è raccontato a 360 gradi.
Filippo Inzaghi si è concesso ad una lunga intervista per il Corriere della Sera. L’ex attaccante, che oggi sta avendo una grande occasione da allenatore alla Salernitana, ha ripercorso varie tappe della sua carriera. Milan, Juventus, Berlusconi e tanto altro. Di seguito uno stralcio dell’intervista con i passaggi cruciali.
Filippo Inzaghi si racconta
50 anni da poco compiuti: «Sono stati sereni. Ho fatto tante cose, ho vinto e ho perso. Se fino a pochi anni fa lei mi avesse chiesto che cosa viene prima nella mia vita io le avrei risposto senza dubbio “il pallone”. Oggi le dico “i miei due figli”».
Berlusconi: «Mi manca molto. Ma di quel Milan mi mancano tante persone. Ancelotti, per dire. È un uomo intelligente, umano, presente. Una volta per il mio compleanno, che cade il 9 agosto, lasciò libera tutta la squadra per farci festeggiare. Compivo trent’anni: nessuno ci pensa mai, ma la tensione per un calciatore aumenta con l’età».
Ritiro dal calcio: «Io ho smesso a 39 anni, oggi un’età ancora molto giovane, ma per noi non è così. Ricordo quando rimasi in Belgio un mese perché mi ero fatto male a una gamba. Il compleanno peggiore di sempre. Ma Ancelotti mi mandò un sms: “Tornerai grande”, diceva. Chissà, pensavo io. Non si è mai sicuri di niente quando si gioca a quei livelli».
Difficile dire addio al calcio: «Ricordo benissimo i miei ultimi quattro minuti in campo. Era il 13 maggio 2012, ore 16:45. In verità, per me quelli dovevano essere gli ultimi minuti con il Milan, poi si sono trasformati nei definitivi ultimi. La cosa buffa è che pensavo al ritiro da tempo, come ogni uomo coscienzioso: farò altro, ho vinto tanto, mi dicevo. La verità amara è che la tristezza non la puoi controllare e così, dopo, sono stato malissimo. Per fortuna che c’era la mia famiglia: mamma, papà, mio fratello».
Galliani: «Mi ha corteggiato a lungo quando ero a Torino, certo. Ma Galliani è una persona speciale, sa essere intelligente e lungimirante. Fu lui a offrirmi subito la panchina di allenatore Allievi Nazionali rossoneri dopo l’addio al campo da giocatore».
Dalla Juventus al Milan, la rinuncia a tanti soldi: «Galliani mi telefonò: “Pippo, ballano cinque miliardi di lire e non riusciamo a trovare una soluzione”. D’istinto, risposi: “Non si preoccupi, ce li metto io”. Avrei firmato un contratto di cinque anni e rinunciato a un miliardo di stipendio per ciascuna stagione».
Barbara Berlusconi: «Persona gentile. Gelo? Ma no, lei mi ha aiutato. In generale, tutta la famiglia Berlusconi mi ha aiutato, la mia maglia ce l’ha Luigi, che ho incontrato in vacanza».
Il fratello Simone, cosa rappresenta: «Potrei risponderle “tutto”. Sa che non abbiamo mai litigato? Cosa rarissima tra fratelli. Ogni volta che uno dei due finisce una partita, la prima telefonata è per l’altro».
Somiglianze con Simone: «La verità è che adesso lui è quello famoso e per strada capita che mi chiamino Simone. Non può che farmi piacere, anche perché so bene che cosa vuol dire allenare una squadra a grandi livelli».
Torino: «Una strana gioia mi viene in mento se penso a Torino. Certo, non quella gioia piena che mi dà San Siro, però anche il periodo con la Juve è stato bello. Quando battei il record di Müller tra i messaggini che arrivarono c’era anche quello di Andrea Agnelli».
Primo gol a San Siro: «Il 3 novembre 1996, con la maglia dell’Atalanta. Dribblai Alessandro Costacurta e chiusi con un destro violento sotto la traversa. Doppia ammonizione, prima espulsione in Serie A. Ma da allora in tutta la carriera in campionato non avrei più preso un cartellino rosso».