“Aveva numeri su numeri, ogni domenica si inventava qualcosa. Sono rare le partite nella quale lui era svogliato. Simone era sempre quello che inventava, aveva una marcia in più. Era la ciliegina sulla torta della squadra. Faceva la differenza e i compagni credevano tanto in lui, pur essendo sotto età. Lo cercavano sempre perché sapevano che aveva le invenzioni che potevano risolvere le partite”. Così Alberto Pontoni, primo allenatore di Simone Pafundi all’Udinese, ci descrive ‘Il Pafu’, che allora aveva solo otto anni.
Per scoprire le radici campioncino dell’Udinese, abbiamo intervistato proprio Alberto, che lo ha allenato nei suoi primi anni in bianconero. Ecco le sue parole in esclusiva a Federico Draghetti per Calcio in Pillole.
Come l’Udinese ha scoperto Simone Pafundi
“Eravamo ad un torneo internazionale qui in Friuli. I miei giocatori (dell’Udinese, ndr) erano tutti del 2004. Nella fase a gironi c’era il Monfalcone, la squadra dove ha iniziato a giocare Simone Pafundi prima di venire all’Udinese. In semifinale, giocando contro di loro, vedevo questo ragazzino, che era di due anni sotto età, che era imprendibile anche per i miei giocatori. Ci ha fatto passare le pene dell’inferno nonostante fossimo comunque riusciti a passare in finale. Simone già lì aveva dimostrato il suo valore. È stato segnalato e la società lo fece arrivare l’anno dopo all’Udinese”.
I primi allenamenti con l’Udinese
“Sin da subito aveva un carattere da calciatore. Si vedeva proprio che aveva la fame. Anche a quell’età dimostrava di crederci. Quando parlava diceva già: ‘Voglio diventare un calciatore’, e lo dimostrava in campo pur essendo sotto età, grazie alla sua testa e alla sua mentalità”.
L’amichevole organizzata solo per vedere Pafundi all’opera
“Un giorno abbiamo fatto un’amichevole organizzata appositamente per vedere Simone all’opera. C’era Andrea Carnevale, che era il responsabile dello scouting e diversi procuratori, tutti a bordocampo per vederlo. Durante la partita si è avvicinato Carnevale e mi ha detto: ‘Secondo te il Pafu arriva in Serie A?’ Io gli risposi di sì e ci scommisi una cena. Mi rispose: ‘Tanto tu dici che i tuoi giocatori arrivano tutti in Serie A…’. Adesso lo vediamo sia in Serie A che in Nazionale chiamato da Mancini. La cena? Non me l’ha ancora offerta. Bisogna che lo chiami! (ride, ndr)”.
“Mister, calma, ci penso io”
“Mi ricordo un gol in finale in un torneo contro il Vicenza. Simone subì un fallo, e da una distanza enorme dalla porta mise giù il pallone per calciare la punizione. Gli chiesi come mai volesse calciare lui, dato che solitamente calciava un centrocampista. Lui mi ha risposto facendomi solo un segno con la mano, quindi l’ho lasciato fare. Simone ha preso la rincorsa e ha tirato un missile terra-aria di mancino che si è andato ad infilare all’incrocio dei pali. Tutta la tribuna si è alzata in piedi ad applaudirlo. Grazie al gol abbiamo vinto anche il torneo”.
Quella volta che Alberto ha dovuto mandare Pafundi a farsi la doccia
“Tutto è successo durante un allenamento, mentre stavamo facendo la partitella finale. Simone, che non voleva mai perdere, vedendo che un suo compagno aveva poca voglia e non stava dando il massimo, ha fatto nascere una discussione e i due sono andati quasi alle mani. Ho dovuto mandarli entrambi a fare la doccia. Capivo Simone, nonostante il suo comportamento non fosse stato giusto. Lui voleva che tutti dessero il massimo. La voglia di vincere gli ha scaturito questa rabbia dentro”.
78 gol in una stagione…giocando solo metà campionato
“Al primo anno che l’ho avuto, Simone non poteva giocare il campionato perché non aveva ancora l’età giusta. Era sotto età di un anno, ma noi giocavamo già con la squadra che era un anno sotto le altre, quindi era due anni più piccolo degli avversari. Al compimento degli anni, verso la metà del girone di ritorno, ha cominciato a giocare il campionato. Nonostante non avesse giocato tutte le partite segnò 78 gol“.
I 6 gol di Simone Pafundi contro la Juventus
“Eravamo ad un torneo a Rosta. Nel girone avevamo proprio la Juventus e l’abbiamo battuta 4-1 con tre gol di Simone. La stessa Juve l’abbiamo incontrata in semifinale e abbiamo vinto 3-0, con altri tre gol di Simone. Tutta la tribuna si alzò in piedi ad applaudirlo. Addirittura l’allenatore della Juventus si arrabbiò un pochino”.
Quando il presidente dell’Inter volle vedere il documento di Pafundi
“In un altro torneo ci siamo trovati contro l’Academy Inter per la qualificazione in semifinale. La squadra era dell’annata del 2004, quindi un anno più grande dei miei giocatori e due più di Pafundi. Fisicamente erano più alti e con più forza fisica. Su un’azione di Simone è nato il nostro gol e abbiamo vinto 1-0. Al triplice fischio il presidente dell’Inter ha attraversato il campo e ha abbracciato tutti i miei giocatori. Parlandoci mi disse che il 10 (Pafundi, ndr) aveva fatto una bella partita. Quando gli dissi che era un 2006 non ci credeva…gli abbiamo dovuto far vedere il documento“.
Il bruttissimo fallo che ruppe il polso a Simone
“Durante la finale di un torneo contro lo Zagabria, un giocatore avversario gli fece un intervento bruttissimo, probabilmente perché vedeva che Simone era troppo forte. Andavano a cercarlo apposta per fermarlo con le cattive. Pafundi si ruppe il polso, era disperato e piangeva, non aveva nemmeno potuto partecipare alla festa per la vittoria. Era superiore a tutti anche se fisicamente più piccolo”.
Qual è secondo te il ruolo ideale di Pafundi e le sue caratteristiche tecniche migliori?
“Con me Simone ha sempre giocato dietro le due punte con libertà di movimento. Lui aveva l’intelligenza di farsi trovare tra le linee degli avversari e libero. Nei tornei avevano iniziato a conoscerlo e gli mettevano quasi sempre un uomo fisso a marcarlo. Aveva queste invenzioni…nell’uno contro uno era micidiale. Già a quell’età si vedeva il cambio di direzione che aveva, era rapido e lasciava gli avversari sul posto. Il ruolo? Per me è un trequartista. Penso che abbia mantenuto la testa di quando era piccolo e la visione di gioco. È un trequartista che può andare a concludere e manda in porta gli attaccanti”.
Ha le caratteristiche tecniche e mentali per diventare un giocatore importante per la Serie A?
“Ci vuole anche tanta fortuna per arrivare lì. La tecnica l’ha avuta da bambino e la sta portando avanti anche adesso. Penso che anche mentalmente sia un ragazzo che può fare strada. Conoscendo i genitori…penso che lo tengano ben piantato con i piedi per terra senza esaltarlo. Penso che possa darci tante soddisfazioni più avanti”.
Vi sentite ancora?
“Ci sentiamo. Mi sento tanto anche con suo papà. Con tanti di quel gruppo (i 2005 dell’Udinese, ndr) mi sento. Sono stati anni indimenticabili e anche loro hanno tanta nostalgia di quei momenti passati assieme”.
Avevi già la percezione di avere un potenziale talento in squadra?
“Certamente, e non solo io, che fortunatamente che lo allenavo. Anche quando andavamo ai tornei internazionali e nazionali ormai era conosciuto e lo classificavano come un giocatore con una marcia in più”.
Come vedi il futuro di Simone Pafundi? Ha bisogno di fare altre esperienze?
“Ora ha la possibilità di allenarsi con una squadra di Serie A e può avere una crescita enorme, sia tatticamente che tecnicamente. Il mio pensiero è che allenarsi soltanto e non avere la possibilità di giocare, sia una cosa poco felice per lui. A quell’età uno che si allena e si impegna vorrebbe avere la possibilità di esprimersi in una partita. La società sicuramente starà valutando il meglio per lui, per la sua crescita. Dato che ora l’Udinese è messa bene in classifica, magari avrà la possibilità di giocare qualche spezzone. Io spero di vederlo”.
Cos’hai pensato quando hai visto Simone Pafundi esordire in Serie A?
“Per me che sono stato un suo allenatore, vederlo esordire in Serie A è stata una soddisfazione enorme. Avevo sentito che quel giorno poteva entrare e sono stato apposta a vedere la TV. Cos’ho pensato? È stata un’emozione grande vedere a che livello è arrivato un giocatore che hai avuto per due anni nella tua squadra. Ho avuto la fortuna di aver allenato questo ragazzo, e oggi lo vedo in TV anche con la Nazionale”.
Un commento sulla questione dei giovani in Italia sollevata da Mancini
“È importante curare i settori giovanili. Un settore giovanile va curato con la voglia di portare dei giocatori al massimo livello. Già dai Pulcini bisogna prendere i migliori e tirarli su per creare un settore molto importante. Non solo l’Udinese, ma anche altre società. Vedendo i tanti stranieri che ci sono in campo mi viene da dire che stiamo allenando le altre Nazionali”.