ESCLUSIVA – Caso Acerbi, D’Onofrio: “Sentenza impeccabile, ecco i motivi”
La sentenza del caso Acerbi continua a far discutere: ecco i motivi spiegati in esclusiva dall’avvocato Paco D’Onofrio.
Alla fine non è arrivata alcuna squalifica. Tra discussioni, discordanze e polemiche il caso Acerbi-Juan Jesus si è concluso con la sentenza ufficiale del Giudice Sportivo, che ha deciso di non infliggere alcuna pena al difensore dell’Inter, accusato dall’avversario del Napoli di avergli rivolto offese razziste.
Per capire meglio i motivi della sentenza del caso Acerbi abbiamo interpellato l’avvocato esperto in diritto sportivo Paco D’Onofrio. Il docente presso la FIGC, dopo averci dato un prezioso parere sulla possibile nuova squalifica di Tonali, ha detto la sua sulla decisione del Giudice Sportivo in merito al presunto caso di razzismo in Inter-Napoli. Ecco le sue parole in esclusiva.
Caso Acerbi, i motivi della sentenza spiegati dall’avvocato D’Onofrio
“Sentenza Acerbi impeccabile: ecco i motivi”
“A mio avviso il Giudice Sportivo prende una linea. L’espressione “a fortiori”, cioè “a maggior ragione”, sta a indicare che rispetto ai tradizionali criteri di onere della prova in ambito sportivo, che sono molto più elastici rispetto alla Giustizia Penale, in questo caso devono recuperare un po’ di severità considerando il tipo di contestazione formalizzata al soggetto incolpato. Mi sembra di poter cogliere in quella sentenza una sensibilità verso la prudenza. In mancanza di prove, ma anche di indizi gravi precisi e concordanti, attribuire due mesi di squalifica per un fatto sportivo qualsiasi è un conto, attribuire due mesi di squalifica per un eventuale episodio di razzismo va ben oltre come gravità. Nell’impeccabile provvedimento del Giudice Sportivo ho colto questa sorta di prudenza ulteriore”.
Cosa si intende per “indizi gravi, precisi e concordanti”? Essi vanno oltre alla prova audio e video?
“Se ci fossero state prove, per l’appunto audio, video o la testimonianza di un soggetto terzo (arbitro, giocatore in campo, ndr.), avremmo avuto una prova certa. C’erano quindi due versioni discordanti ed elementi indiziari non univoci, che a mio avviso sono stati in qualche modo confermati dal supplemento di istruttoria. Se questo è il giudizio, evidentemente i due calciatori in sede di audizione hanno ribadito le proprie posizioni. Il calciatore dell’Inter ha ammesso di aver usato la frase: “Ti faccio nero”, da quanto si legge, e così giustifica le scuse”.
“Dall’altro canto il giocatore del Napoli afferma di essere stato destinatario di una frase dal contenuto discriminatorio. Il Giudice ha ritenuto che di fronte all’impossibilità di individuare una fonte di prova terza, nell’incertezza ha deciso di assolvere. Si potrebbe anche immaginare che, il fatto che il calciatore del Napoli non abbia nell’immediatezza chiesto la sospensione della partita, ma abbia evidenziato solo successivamente via social dopo aver letto la versione del suo avversario calcistico, tutti i motivi di doglianza che ha espresso, potrebbe aver indotto il Giudice a ritenere un po’ più debole, dal punto di vista indiziario, la posizione di Juan Jesus. In questo caso siamo ovviamente sul piano delle interpretazioni”.
Si è creato un precedente col caso Acerbi?
L’avvocato Paco D’Onofrio qui non ha alcun dubbio e afferma di essere in totale disaccordo con queste supposizioni, che sono venute a galla negli ultimi giorni.
“Non sono assolutamente d’accordo. L’autonomia decisionale dei Giudici Sportivi ha un perimetro di discrezionalità molto più ampio di quello del Giudice Statale. Quando il Giudice Sportivo decide è come se in qualche modo si occupasse molto della vicenda di merito, perché ha gli strumenti per rendere tipica la decisione, rispetto alla tipicità dell’episodio. Qui non c’è un precedente, perché non sono stati sovvertiti i criteri di giudizio della Giustizia Sportiva, ma sono stati applicati in modo più prudente. Il precedente lo crei quando, in qualche modo, ti discosti in modo significativo da una serie di pronunce datate nel tempo che andavano tutte in una direzione. Il presupposto è che il fatto e gli elementi oggetto dell’apprezzamento del giudice siano gli stessi. Se questi cambiano la discrezionalità del giudice porta a orientarsi in senso differente, ma non vuol dire che sta modificando il principio”.