Il Manchester United è tornato! Con la vittoria di ieri, all’ultimo respiro, contro il Wolverhampton, firmata dal solito Rashford, la vetta è a soli due punti. A presidiare la classifica è ancora il Liverpool, ma il lungo e triste declino dello United, da troppi anni orfano di Ferguson, sembra arrivato alla fine. La coda, in realtà, i Red Devils l’hanno vissuta proprio a inizio stagione, perché le prime giornate, per Solskjaer, sono state tutt’altro che semplici. alla settima giornata, lo United – con una partita da recuperare – aveva raccolta la miseria di sette punti. La vetta, già occupata del Liverpool, distava nove lunghezze, e la sconfitta contro l’Arsenal rischiava di precipitare seriamente l’ambiente in una spirale depressiva diventata ormai abituale dalle parti dell’Old Trafford.
E invece, da quel momento è successo qualcosa. Anzi, più di qualcosa. Innanzitutto, le certezze su cui può contare la linea difensiva: Shaw, Maguire, Lindelöf, Wan-Bissaka, davanti a De Gea. Quindi, il sacrificio di Pogba, vero e proprio buco nero del Manchester United, dove il talento, da solo, non è mai bastato. Davanti alla difesa, meglio il duo McTominay-Fred, con Matic come prima alternativa. Quindi, i tre dietro la prima punta: Rashford, Bruno Fernandes, pietra angolare del gioco dei Red Devils, e Mata. Davanti, Martial, che finalmente ha il fiato sul collo di un concorrente di livello, Cavani, entrato definitivamente nelle rotazioni di Solskjaer. Arrivano 7 vittorie e 2 pareggi nelle ultime nove giornate, la luce in fondo al tunnel, forse.
Fa rumore lo scarso utilizzo del grande acquisto estivo, quel Donny van de Beek che sembrava fondamentale nello scacchiere tattico di Solskjaer. Sin qui, però, ha avuto ragione il tecnico norvegese. La squadra dà l’impressione di aver trovato la quadratura del cerchio, e lo spessore degli esclusi, comunque mai messi ai margini, dà l’idea del potenziale di questo Manchester United. Che in pochi, a inizio stagione, accreditavano come una seria contendente al titolo. Certo, non siamo neanche al giro di boa del campionato, la classifica è corta e basa poco per trovarsi sbalzati al quinto posto. Oggi, però, la parte triste di Manchester torna a sorridere, e a guardare, dopo troppo tempo, il City dall’alto in basso.
Chi ha ben poco da ridere, a Londra, è Mikel Arteta. Che, al limite, può concedersi un sorriso stiracchiato, dopo le vittorie contro Chelsea e Brighton. I Gunners stanno vivendo una stagione disastrosa, inutile girarci intorno. E lo sa bene la dirigenza, che solo dieci giorni fa ha inserito nei contratti dei suoi giocatori clausole legate ad un’eventuale retrocessione. Ipotesi remota, distante ben 9 punti. Gli stessi che la separano dal Manchester United. Battuto, in quella strana sliding door della settima giornata, per 1-0, che si è rivelata poi l’inizio della fine. Prima dell’exploit contro il Chelsea, la squadra di Arteta aveva messo insieme due punti in sette partite. Uno degli inizi di campionato peggiori di sempre nella storia dell’Arsenal.
Che il tecnico spagnolo abbia trovato la cura è tutto da verificare, ma certo dai tempi di Arsene Wenger più di qualcosa è cambiato. Club capace di scovare e costruire talenti, prelevati giovanissimi in tutto il mondo, l’Arsenal di oggi sembra distruggere tutto ciò che tocca. Dato per perso il genio di Özil, Pepé sembra il tipico acquisto sbagliato al momento sbagliato, e Dani Ceballos rende al di sotto delle aspettative. Le certezze sono riposte ancora nei due là davanti, Lacazette e Aubameyang, che però segnano pochissimo, mentre la difesa, tra campioni attempati e comprimari, è il reparto che garantisce solidità. Poco, davvero troppo poco per immaginare in una spettacolare risalita dell’Arsenal. Ma tentar non nuoce, per provare rinverdire i fasti del duopolio che per anni ha infiammato la Premier League.