Due riflessioni sui fatti di Parigi, al di là dell’indignazione

(Photo by XAVIER LAINE / POOL / AFP) (Photo by XAVIER LAINE/POOL/AFP via Getty Images)

Quanto accaduto martedì sera a Parigi durante la partita di Champions League tra Paris Saint-Germain e Basaksehir ha suscitato, come era inevitabile che fosse, un grande clamore.

Il gesto eclatante delle due squadre e l’ondata di giusta indignazione che questo episodio ha suscitato sui social rischia, però, di far passare in secondo piano un altro aspetto e un altro interrogativo: è il caso che un ufficiale di gara resosi protagonista di un fatto simile continui a calcare i campi da calcio delle grandi competizioni internazionali?

Poniamo il caso che il quarto uomo abbia agito guidato da una volontà esplicita di insultare il componente della panchina della formazione turca. In tal caso, ça va sans dire, l’allontanamento dai campi da calcio è non solo giusto, ma addirittura doveroso. Ma se anche si fosse trattato di un semplice scivolone, la situazione non cambierebbe molto perché non è ammissibile che un ufficiale di gara, designato dalla massima istituzione calcistica europea per la sua competizione più importante a livello di club, si renda protagonista di un episodio simile.

Nel 1804 un politico francese (toh!), tal Joseph Fouché, ha commentato l’esecuzione del duca d’Enghien con queste parole: “Peggio di un crimine. È un errore!”. Ecco, se anche il signor Coltescu avesse commesso un semplice errore anziché un atto esecrabile, è bene che per un po’ stia lontano da certi palcoscenici. Altrimenti il gesto eclatante dei calciatori e l’indignazione per un episodio vergognoso rischieranno di essere serviti a poco. Perché il razzismo resta un problema enorme, con buona pace di chi si ostina a considerarlo roba da buonisti, radical chic e via discorrendo.