Donnarumma, la solitudine dei numeri uno
Il rinnovo di Gigio Donnarumma, tra i tanti giocatori, in giro per l’Europa, a scadenza, è uno di quelli che fa discutere maggiormente. Per la caratura di uno dei portieri che, ancora giovanissimo, ha già dimostrato di essere tra i migliori al mondo. Per le cifre, davvero importanti, di cui si parla. E, soprattutto, per il valore simbolico del suddetto. Cresciuto nelle giovanili del Milan, cui ha spesso ribadito affetto se non vero e proprio amore, una sua permanenza appariva scontata solo poche settimane fa. Come se la firma sul nuovo contratto fosse una formalità, o poco più. E invece, conti alla mano, tra Donnarumma e la permanenza in rossonero balla qualche milione di euro. Non proprio bruscolini.
Ed è qui che nascono le discussioni, spesso moraleggianti: il moralismo, del resto, è una delle piaghe del calcio italiano. Che, a volte, si porta dietro un altro sentimento ampiamente diffuso nel mondo pallonaro: la nostalgia. E allora, puntuali come un orologio svizzero, tornano a piovere critiche su Gigio Donnarumma. Che, di fatto, non ha ancora deciso cosa fare del suo futuro. È chiaro che, alla fine dei conti, sarà lui a decidere, non certo il suo procuratore, Mino Raiola, sempre nell’occhio del ciclone, ma da cui il giovane portiere si guarda bene dal liberarsi.
L’ultimo, in ordine di tempo, a dire la sua, è stato Alessandro Costacurta, ex bandiera del Milan, dagli studi di Sky Sport. Che ha espresso almeno un paio di concetti interessanti. Questo è il primo: “Non riesco ad entrare nella testa di Donnarumma, siamo completamente diversi. Io sono di tradizione vecchia”. Ecco, il gap generazionale, tanto per cominciare, potrebbe spiegare molto di quanto sia inopportuno fare parallelismi. Il calcio è cambiato, al di là di ogni retorica, e forse è vero che i soldi contano un po’ più di prima. Ma è anche vero che il livello di professionalità e le possibilità di giocare in qualsiasi angolo del mondo, all’epoca di Costacurta, non esistevano.
L’ex capitano del Milan, poi, ricorda come, ai suoi tempi, “Abbiamo guadagnato sicuramente molto meno di quello che potevamo guadagnare”. Ora, ammesso che sia effettivamente così, in un’epoca in cui nessun difensore veniva coperto di soldi, c’è da dire che si è ritrovato a giocare nel miglior Milan di sempre.
Ed è qui che ogni analisi, per quanto logica, si impantana. Gigio Donnarumma gioca in un buon Milan, certo, ma non è quello di Costacurta. Giocare la Champions League è una cosa, provare a vincerla è un’altra. E ripetere come un mantra: “il ragazzo è giovane, ha tutto il tempo per provarci”, è quantomeno fuori luogo. Il ragazzo sa che, con il passare degli anni, la concorrenza aumenta, i grandi club si adoperereranno per coprirsi in un ruolo a dir poco apicale, e lui rischia di vedere passare molti treni davanti. Le scelte degli altri sono sempre molto semplici, viste con gli occhi del tifoso o dell’opinionista. E allora anche rinunciare a 2-3 milioni all’anno, non trattandosi di soldi nostri, può risultare semplice. Del resto, che ci cambia? E se invece Donnarumma, a 22 anni, pur amando infinitamente il Milan, decidesse, che so, di andare a giocare al Manchester United? Guadagnando di più e in un club ancora più solido e più ambizioso del Milan di oggi? Dovremmo forse biasimarlo?