Domenico Berardi, l’eterna promessa che ha trovato la sua dimensione
Aveva 19 anni Domenico Berardi il 12 gennaio 2014, quando segnava quattro gol al Milan e contribuiva alla fine dell’esperienza di Massimiliano Allegri sulla panchina rossonera.
Ma ancora prima i grandi club avevano messo gli occhi su di lui.
Era l’estate del 2013 e Berardi aveva contribuito alla prima storica promozione in Serie A del Sassuolo, segnando 11 gol nella serie cadetta, a 18 anni. La Juventus non voleva lasciarselo sfuggire, e se lo assicurò per 9 milioni di euro, in un accordo di compartecipazione che vedeva coinvolto anche Luca Marrone. L’accordo prevedeva di lasciare il ragazzo un altro anno in prestito ai neroverdi per farlo crescere, e poi avrebbe vestito finalmente la maglia bianconera.
Ma Domenico Berardi alla Juventus non ci arrivò mai.
Dopo averlo lasciato in Emilia per un altro anno, nell’estate del 2015 i bianconeri decidono di risolvere la compartecipazione in favore del Sassuolo, che se lo assicura a titolo definitivo.
Alla Juventus resta il diritto di riacquisto entro il 2017, fissato a 16 milioni di euro, che ovviamente non eserciterà.
A Torino ci va invece il suo compagno di reparto, Simone Zaza: tutti o quasi erano concordi nel dire che il più forte tra i due era Berardi, ma sarà l’altro a segnare il gol che di fatto decise lo scudetto, con quel tiro nei minuti finali contro il Napoli di Sarri e Higuain.
Ha ancora 21 anni e ha già segnato 31 gol nella massima serie, ma per Berardi sembra l’inizio di una lunga discesa.
La stagione successiva, complice un grave infortunio, segnerà solo 7 gol, in una squadra che raggiungeva per la prima volta nella sua storia i preliminari di Europa League.
Va ancora peggio l’anno dopo: dopo aver segnato 5 gol nella fase preliminare della seconda competizione continentale, il 28 agosto, nella partita casalinga contro il Pescara, rimedia un infortunio al collaterale del ginocchio sinistro, che lo costringerà a lungo fuori dal terreno di gioco. Tornerà in campo all’ultima giornata del girone di andata, e nel resto della stagione segnerà altre 5 reti. Una in più di quelle realizzate quel 12 gennaio 2014.
Berardi non è più il giocatore che tutti ammiravano solo qualche anno prima.
La stagione 2017-2018 è la peggiore della sua carriera: Eusebio Di Francesco, il suo mentore, è passato alla panchina della Roma, e Domenico appare sempre più spaesato, segnando solo 4 gol in 31 partite.
Non ha ancora compiuto 24 anni, ma Berardi sembra già sulla via del tramonto.
Eppure qualcosa si muove. A Sassuolo è arrivato un nuovo allenatore, il bresciano Roberto De Zerbi, che applica un gioco divertente e improntato all’attacco. Berardi conclude la stagione con 8 gol, e viene convocato anche da Roberto Mancini in Nazionale, con cui scende in campo in 5 occasioni. Non tutto sembra perduto per il ragazzo di Cariati.
E infatti nella stagione successiva rinasce. De Zerbi gli affida la fascia da capitano, e inizia subito con una tripletta alla Sampdoria, seguita da una doppietta la giornata successiva contro la Roma. Assieme ai suoi compagni di reparto Boga e Caputo guida il Sassuolo all’ottavo posto in classifica. Con una costanza di rendimento che non si vedeva da anni, torna in doppia cifra per la prima volta dal 2015, realizzando 14 gol e 10 assist.
Queste prestazioni gli valgono il ritorno in nazionale, dove ripaga la fiducia di Mancini segnando il suo primo gol in maglia azzurra, nell’amichevole contro la Moldavia.
Il suo Sassuolo nel frattempo vola, anche grazie a lui. 3 gol realizzati in 4 partite, e quando segna lui si vince: con 10 punti in classifica i neroverdi si trovano al secondo posto in classifica, dietro soltanto al Milan di Pioli. Mai così bene in un inizio di stagione.
Quella di Berardi è la storia di chi, dopo anni di speranze e illusioni, rinuncia ad abbattersi e infilarsi in un vicolo cieco, ma riesce a trovare la sua dimensione, ad accettarla e a rendergli onore.
Ora è un talento ritrovato, una risorsa per il calcio italiano. E chissà che Mancini non decida di portarlo agli Europei, magari assieme al suo sodale Ciccio Caputo.
La storia del calcio è piena di grandi promesse che, per un motivo o per l’altro, non mantengono le attese e finiscono per sparire dai radar, dopo aver cambiato squadra ogni anno.
Restando a Sassuolo, rifiutando offerte da club di livello uguale se non inferiore solo per qualche soldo in più, Berardi è riuscito a sottrarsi da questo destino che a un certo punto della carriera sembrava scritto.
Dopo aver aspettato invano la chiamata della Juve, Berardi ha capito che la sua dimensione si chiama Sassuolo. Ed è compito suo portarlo in alto, dove lui in primis merita di stare.
Qualche tempo fa ha dichiarato di non essere interessato a giocare in un top club se questo significava essere relegato in panchina, e molti l’hanno accusato di essere poco ambizioso.
Ma l’ambizione di Domenico è un’altra: stare bene con sé stesso, proprio come alla corte di De Zerbi.