Diego, il più grande di sempre. Il più grande per sempre!

Diego, il più grande di sempre. Il più grande per sempre!

Diego Maradona, 16, warms up 12 September 1977 in Buenos Aires. Maradona was born on the 30th of October 1960 in Villa Fiorito, one the poorest suburbs of Buenos Aires. Most people consider him as the best soccerplayer ever in the history of soccer. Het started playing when he was 9 years old. His first club was Cebollitas, the youthteam of Argentinos Juniors. Because of his unknown talent he soon got the nickname �Pibe de Oro�, which literally means �Golden Boy�. He played through his 15th for the youthteam. On his 16th he debuted in professional football with Argentinos Juniors. And a few months later he already debuted in the national team of Argentina. AFP PHOTO (Photo credit should read -/AFP via Getty Images)

“Io sono bianco o nero. Grigio non voglio esserlo nella mia vita!”. Poche, ma semplici, parole quelle usate da Diego Armando Maradona per descriversi durante una conferenza stampa dai toni non replicabili in questa sede. Era il 2009 e l’Argentina, vincendo per 1-0 in casa dell’Uruguay (gol di Mario Bolatti, di lì a poco meteora nella Fiorentina), otteneva una sofferta qualificazione per il successivo Mondiale sudafricano. A guidarla dalla panchina c’era proprio lui, l’uomo che 23 anni prima l’aveva condotta sul tetto del mondo in Messico praticamente da solo.

Già, bianco o nero. Diego Armando Maradona non è mai stato, né ha mai ambito a essere, un uomo in grado di mettere tutti d’accordo. O si era con lui e lo si amava o si era contro di lui e lo si odiava. Ma l’eterna lotta tra ammiratori e detrattori, esplosa in maniera fragorosa sin dalle prime ore che hanno fatto seguito alla sua morte, ha fatto perdere di vista quella che è stata la sua vera grandezza: la capacità di leadership. L’Argentina capace di vincere il Mondiale del 1986 e di arrivare seconda in quello successivo (con più di un rimpianto e non poche recriminazioni, ma questa è un’altra storia) era una squadra che poggiava interamente sulle spalle del suo capitano, esattamente come il Napoli vincitore del primo scudetto nel 1987.

Un concetto magistralmente espresso, in un incontro all’università “Bocconi” di Milano, risalente a qualche anno fa, da Federico Buffa che ha riassunto nel migliore dei modi la capacità di leadership di Maradona:

Iniziava la partita e Diego trattava Bruscolotti come se fosse Krol! […] Questa è leadership, altro che il distacco totale dai tuoi compagni di squadra. […] È il più grande singolo conduttore di anime calcistiche che sia anche in grado di vincere da solo. È quasi impensabile che possa nascerne un altro così. […] Aveva una penetrazione nei confronti dei suoi compagni irreale, quasi mistica”.

Un leader capace di buttarsi nel fuoco per chi era al suo fianco e in grado di spingere chi era al suo fianco a buttarsi nel fuoco per lui. Un leader empatico, con la sua classe e i suoi eccessi. Ma un leader che la faccia l’ha sempre messa, nel bene o nel male. Ce l’ha messa quando si è trattato, alla vigilia di una semifinale mondiale da giocare a Napoli, di alzare i decibel della polemica a costo di sentire il suo inno sommerso dai fischi nella successiva finale a Roma. Ce l’ha messa anche in quella partita, quando in mondovisione non ha avuto problemi ad apostrofare con l’espressione “Hijos de…” gli autori dei fischi suddetti.

È stato il più grande di sempre. Sarà il più grande per sempre. Due verità che anche i suoi detrattori, magari a denti stretti e turandosi il naso, dovranno riconoscere.

AD10s, Diego!