De Bruyne, la stella del City più forte di sempre
Campioni d’Inghilterra
C’è tanto di Kevin De Bruyne nel settimo tiolo del Manchester City, arrivato ieri sera per gentile concessione dello United. Che, perdendo in casa contro il Leicester, ha di fatto scritto la parola fine su una Premier League, indirizzata ormai da settimane. In realtà, la squadra di Pep Guardiola ci ha messo un po’ a carburare. Tanto che quando a fine novembre il catalano ha firmato il ricco rinnovo con gli Sky Blues qualcuno è rimasto sorpreso. E invece, ha avuto ragione lui, che ha avuto la pazienza di arrampicarsi fino alla vetta nell’ultima giornata del girone di andata, scalzando proprio il Manchester United di Solskjaer, per non mollarla più.
Another One 🏆🏆🏆 pic.twitter.com/1IsJ0u8yyv
— Kevin De Bruyne (@DeBruyneKev) May 11, 2021
Il senso di De Bruyne
Nel City di Guardiola, che ha avuto la capacità di ripensare il proprio calcio, trovando accorgimenti ed interpreti persino inaspettati, un solo insostituibile: Kevin De Bruyne. Il belga è l’emblema dell’evoluzione della squadra di Guardiola, che l’ha usato in tre posizioni diverse. Ricevendo sempre in cambio prestazioni di assoluta qualità. Ha fatto il falso nueve, ruolo praticamente inventato da Pep ai tempi del Barcellona. Ha giocato nel suo ruolo naturale, quello di trequartista, che interpreta come nessun altro al mondo. Ma ha saputo fare la differenza anche sulla linea dei centrocampisti.
Calciatore totale
Forzando il paragone, questo Kevin De Bruyne sta al Manchester City come un certo Andrés Iniesta sta al Barcellona di Guardiola. Giocatori diversi, senza dubbio, ma entrambi fondamentali nella costruzione e nella finalizzazione del gioco. Ed è in questo che il belga è migliorato, al di là dei numeri, in questa stagione non eccezionali, ossia nella copertura dello spazio. Da giovane, quando colpì gli osservatori del Chelsea era essenzialmente ed esclusivamente un trequartista. Tanto che Josè Mourinho, vuoi l’età, vuoi una certa rigidità, non sapeva dove metterlo.
Ritorno al passato
De Bruyne, dopo neanche mezza stagione, fu costretto ad andare in Germania a costruire la propria fortuna. Riuscendoci abbondantemente. Un anno e mezzo con la maglia del Wolfsburg, condito da gol e assist a grappoli, che nel 2015 convincono il City a puntare su di lui. Da quel momento, il suo è stato un crescendo, ma è con l’avvento di Guardiola sulla panchina dei Citizens, nel 2016, che il calcio di De Bruyne diventa qualcosa di spettacolare. Talento al servizio di una macchina pressoché perfetta, che ha guidato alla vittoria del suo terzo titolo e, per la prima volta nella storia del club, alla finale di Champions League.
Una finale con il suo passato, per quanto breve, quel Chelsea da cui è scappato e che adesso, neanche troppo simbolicamente, lo separa dalla gioia più grande. Che, senza paura di sbagliare, potrebbe aprirgli le porte del Pallone d’Oro. Perché è vero che Mbappé e Haaland sono il futuro, ed in una certa misura l’attualità, ma il presente è Kevin De Bruyne, calciatore totale su cui Guardiola ha costruito un Manchester City pressoché perfetto.