Cuadrado-Perisic, Calvarese, Vigorito-Mazzoleni: un senso non ce l’ha (il VAR)
“Voglio trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha”. Parole e musica di Vasco Rossi. La storia, anzi, le storie senza senso sono quelle proiettate dalle telecamere del Var. La domanda di fondo é la seguente: possibile che dopo tre anni di Var non siamo riusciti ancora a capire quando utilizzarlo e come? Da Benevento-Cagliari a Juventus-Inter il passo è breve, ma la distanza interpretativa di due episodi simili è invece abissale.
Il problema di fondo
Di episodi controversi e dubbi che riguardano il Var ce ne sono centinaia in questi ultimi tre anni di Serie A. Nessuno ha mai pensato che con la tecnologia in campo si eliminassero gli errori di giudizio: è un essere umano colui che giudica in campo e resta un essere umano chi giudica in TV. Il singolo episodio resta giudicabile in un modo o nell’altro, pur riducendo le cosiddette “sviste”. Il problema principale, però, è il metodo di utilizzo del Var: quando, chi e quanto. Il protocollo Var dell’AIA recita: “Un VAR è un ufficiale di gara, con accesso indipendente ai filmati della gara, che può assistere l’arbitro soltanto in caso di “chiaro ed evidente errore” o “grave episodio non visto” in relazione a:
a. rete segnata / non segnata
b. calcio di rigore / non calcio di rigore
c. espulsione diretta (non seconda ammonizione)
d. scambio d’identità (quando l’arbitro ammonisce o espelle il calciatore sbagliato).
E così si risponde al quando (sulla carta). Per il chi: “L’arbitro deve sempre prendere una decisione […] Solo l’arbitro può iniziare una revisione […] La decisione finale viene sempre presa dall’arbitro”. Insomma, il giudice del gioco resta l’arbitro, quello in campo, ed il Var può solo suggerirgli di rivedere le sue decisioni. Ma quanto il Var può incidere sulle decisioni dell’arbitro? “La decisione iniziale dell’arbitro non sarà cambiata a meno che non ci sia un chiaro ed evidente errore. […] Per decisioni soggettive, ad esempio intensità di un contrasto falloso, interferenza in un fuorigioco, considerazioni su un fallo di mano, è appropriata una “revisione sul campo”. E qui casca l’asino. L’intensità del contatto e la sua soggettività rende spesso il Var controverso, ma, sebbene il protocollo suggerisce di andare a rivedere l’episodio sullo schermo, spesso gli arbitri si intestardiscono nel ribadire la loro superiorità di giudizio.
L’intensità e simulare un tocco: “Ho visto io”
“Ho visto io” è la frase maggiormente utilizzata per giustificare la non volontà di utilizzare il Var e rivedere l’azione sullo schermo. E l’intensità del tocco fa spesso cadere l’oggettività che qualcuno credeva potesse assumere il Var: solo l’arbitro può giudicare quanto un tocco sia intenso o comunque decisivo per decretare un calcio di rigore o fischiare un fallo contro l’attaccante. Ed il concetto de “il tocco c’è, quindi il Var non può intervenire” ha dato vita ad una nuova tipologia di simulazione. Se prima del Var la simulazione consisteva nell'”arte” di saper cadere, ora diventa quella di “saper provocare il tocco dell’avversario”.
Tutto inizia da Osimhen e prosegue con Vigorito
Riducendo il campo di giudizio alle ultime settimane, tutto inizia da Osimhen. In Napoli-Cagliari 1-1, l’attaccante nigeriano tocca leggermente il difensore uruguaiano che cade a terra prima che l’azzuro trafigga Cragno per il gol del 2-0. E’ il minuto 53 e l’arbitro Fabbri annulla il gol perché giudica il tocco di Osimhen falloso. Al Var c’è Mazzoleni che non interviene ed il gol non viene convalidato.
La settimana seguente Mazzoleni è a Benevento per seguire in sala Var la sfida tra i sanniti e, di nuovo, il Cagliari. L’arbitro di campo è Doveri. Sul 2-1 per i sardi e nel finale di gara, un chiaro contatto tra Viola ed Asamoah spinge Doveri a fischiare il calcio di rigore a favore del Benevento. Il tocco c’è ed è evidente, ma a rivedere l’azione in TV sembra, sembra, che il centrocampista dei sanniti trascini la gamba destra per provocare volontariamente il contatto con il difensore del Cagliari. La volontarietà nel provocare il tocco c’è, anche se si può dire sia fatta “bene”: quasi come se non ci fossero le prove per incriminare Viola. Ed invece Mazzoleni, in barba al protocollo, richiama Doveri che, dopo un’attenta revisione dell’episodio, decide di rivedere la decisione: non è calcio di rigore. La vicenda fa imbestialire il Benevento ed il presidente Vigorito a fine gara dirà di tutto e di più contro Mazzoleni.
Un senso non ce l’ha
Da Napoli-Cagliari e Benevento-Cagliari fino a Juventus-Inter di ieri. Una partita piena zeppa di episodi controversi e casi da Var. Tre rigori ed un’espulsione, tutto molto dubbio. Nel primo rigore per la Juventus, Chiellini viene cinturato in area da Darmian e cade a terra. Il difensore bianconero a sua volta strattona quello nerazzurro, insomma: un normale contatto in area di rigore. Calvarese non fischia, ma Irrati al Var lo invita a rivedere l’azione. Calvarese lo fa e fischia il calcio di rigore. Il secondo caso dubbio accade nell’area juventina: De Ligt pesta il piede di Lautaro a palla lontana e Calvarese lascia correre. Irrati richiama l’arbitro e dopo l'”on-field review” è calcio di rigore per i nerazzurri. Nella ripresa Calvarese espelle Bentancur per un fallo su Lukaku: il centrocampista uruguaiano era già ammonito e viene espulso. Il cartellino rosso per doppia ammonizione appare severo, ma in termini di regolamento può starci. Nel finale di gara, con la Juventus in vantaggio per 2-1, Chiellini e Lukaku entrano in contatto in area di rigore, il difensore bianconero cade e tocca la palla nella sua porta: 2-2. Calvarese annulla il gol giudicando falloso l’intervento di Lukaku. Ancora Var: Irrati richiama l’arbitro e Calvarese, dopo una velocissima occhiata allo schermo, si volta verso un furioso Chiellini quasi come a giustificarsi: “Sei tu che lo tocchi”. Il gol è buono e il difensore juventino viene ammonito. Casi dubbi terminati? Macché, il meglio deve ancora venire. A qualche spicciolo di secondo dal novantesimo, Cuadrado entra in area e tocca la gamba di Perisic. Il movimento del colombiano è clamorosamente innaturale: è evidente che il bianconero allarghi la gamba per cercare un contatto con l’esterno dell’Inter. Per Calvarese è calcio di rigore. Irrati, però, chiamerà Calvarese al Var, come successo in Benevento-Cagliari… ed invece no. Il calcio di rigore resta perché “il contatto c’è e ho visto io”. Sorvolando sui corsi e ricorsi dei vari Juventus-Inter o Inter-Juventus, la domanda di fondo resta la stessa: possibile che non ci sia uniformità di utilizzo del Var dopo tre anni dalla sua introduzione?
“Voglio trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha”.