Cristiano (Ronaldo) e la sua “Via Crucis”: quando essere un fenomeno diventa impossibile
Cristiano Ronaldo non è Amleto, ma si pone la stessa domanda: essere o non essere? Per lui un problema non è mai stato perchè la risposta era quasi sempre scontata. Quello che una volta veniva facile attualmente ha bisogno di qualche certezza in più. 37 anni, una carriera sfavillante e il delirio di onnipotenza accarezzato: giocare in smoking anziché in maglietta, quando mente e corpo vanno di pari passo.
Tutto perfetto, sempre: vietato sbagliare. Zero distrazioni, tanta passione e altrettanta rivalsa. Quando raggiungi l’Olimpo, però, puoi solo scendere: Cristiano Ronaldo per anni ha fatto partite da dieci. Impeccabile, profondo, glaciale. In grado di lasciare il segno tanto da diventare ricco, ricchissimo, unico. Con gli scarpini ai piedi sembrava potesse volare, poi – per tutti – arriva il momento dell’atterraggio.
Cristiano Ronaldo, la fine di un’era: anche CR7 diventa normale
Nel suo caso sta avvenendo là dove aveva cominciato: Manchester United. Uniti una volta perchè adesso sembra tutto precario. I pareggi contro Atletico Madrid e Watford hanno acclarato una certezza: Ronaldo è normale. Due parole che fanno fatica a stare nella stessa frase, ma dovranno convivere a lungo perchè l’ex Juventus è in fase calante. Si arrabbia se lo tengono in panchina, ma solitamente gioca da 7. Come il numero che ha sulle spalle. Per un giocatore qualunque sarebbe encomiabile, nel suo caso è sorprendente in negativo. Quando hai abituato le platee di mezzo mondo a giocate con il fioretto nel momento in cui prendi in mano il machete la reazione è straniante. Infatti, giocatori e tifosi si straniscono.
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Lo fanno soprattutto perchè Ronaldo non accetta questo ridimensionamento: il tempo passa per tutti, anche per i migliori. Solitamente, però, questi ultimi non se ne rendono conto. Allora se sbagliano è colpa della squadra e delle condizioni del campo (più volte Ronaldo l’ha detto). Oppure c’entra l’allenatore che lo mette fuori causa al momento sbagliato. Tutto tranne il fatto più evidente: essere passato. Non più indispensabile.
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Magari utile a piccole dosi, in altri contesti, ma il tempo dei lustrini e delle paillettes – almeno in campo – è finito. Questo pensano gli utenti che su Twitter, dopo il pari con il Watford, imperversano: “Ronaldo è finito”; “Un giocatore così è controproducente per la squadra”. La verità, sicuramente, sta nel mezzo ma non nel fine. Sicuramente è troppo presto – e in parte anche sacrilego – definire Ronaldo ‘bollito’. Magari è solo tempo di una ridimensionata. Lo diceva anche Lucio Dalla: “L’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale”. Ora dovrà capirlo anche Cristiano Ronaldo, ma nel suo caso – a differenza del cantautore – sarà una nota dolente.