Il mondo è in crisi. Il calcio è in crisi. I problemi c’erano, da prima che il Covid rimettesse in discussione l’intero sistema internazionale, oltre il calcio. Oltre lo sport. Ma, se lo scenario mondiale, ancora una volta, ha fatto emergere come sia complesso per molti abbandonare la piramide solidificata negli anni, il mondo del pallone non è da meno. Ovunque si scorgano i “colpi da fuoco” di questa famigerata pandemia, si riscontrano celermente i danni da essa causata. I club e le leghe lottano per mantenere la piena durevolezza economica, tagliando i costi, bloccando i progetti e, principalmente, andando alla ricerca di una solidarietà che, purtroppo, non è così scontata come si pensasse. Perché se si costruisce un impero dorato, dove ogni mossa scandisce quotidianamente la differenza tra i patrizi e i plebei, non è così immediato convincere i patrizi che, in tale contesto, c’è da essere un po’ più plebei. Di patrizi ce ne sono molti nel lussuoso mondo del pallone, come ad esempio gli agenti dei calciatori che, la parola ‘crisi’, proprio non l'”assorbono”.
Senza annoiare. Perché, di compensi, commissioni, percentuali, se n’è parlato per anni. Poi si è finiti per accettarlo, perché in fondo si sa: “Che mi lamento a fare se tanto nessuno fa niente?”. Già. Nel grottesco scenario calcistico 2.0, devastato dalla crisi del Covid, i primi aristocratici a non voler lasciare il trono sono proprio gli agenti dei calciatori. Ultimo caso eclatante, quello del signor Martinus Schoots, agente di Christian Eriksen. L’egregio procuratore danese, ai tempi rappresentante anche di Jon Dahl Tomasson, ha intentato una causa ai danni dell’Inter, in quanto, i nerazzurri non avrebbero versato i 7,5 milioni di commissione ripromessi a gennaio 2020, quando il trequartista lasciò il Tottenham. Il regolamento FIFA parla di 10% di commissione per l’attività degli intermediari, tuttavia, Schoots rivendica circa il 25% di quella transazione. Certo, il tutto sarà stato pianificato con l’Inter, ma i patrizi sono cosi: rimembrano solamente le norme ad essi congeniali. Quindi poco importa se, per portare Eriksen in nerazzurro si è andati oltre al tetto imposto nel 2019, importa che i soldi, per l’appunto, so’ soldi.
Nel mese di giugno, una curata analisi de Il Sole 24 Ore, evidenziava come, dal 2014 al 2019, i compensi d’intermediazione per gli agenti fossero triplicati, alla faccia della crisi e del fair play, finanziario e non. La nota testata economica poneva l’interrogativo se, questa pandemia, potesse mettere a rischio tale montagna d’oro. A rispondere ci pensano gli stessi procuratori, con i fatti. Martinus Schoots si è reso celebre di recente, ma che dire di due patrizi noti e conclamati come Mino Raiola e Jorge Mendes. Il procuratore portoghese, nella sola finestra estiva, ha incassato 20 milioni di euro di commissioni. Incasso proveniente dagli affari Rubén Dias, Nicolas Otamendi, Fabio Silva, Nelson Semedo e Diego Jota. Il buon Mino, dal suo canto, ha conquistato il rinnovo di Ibrahimovic al Milan, ad ingaggio raddoppiato. Ora, sempre con il Milan, c’è in ballo la questione Donnarumma e, di mollare la presa su ingaggio e commissioni, non ci pensa minimamente.
“Quello che facciamo noi agenti è difendere, proteggere e aiutare i giocatori. L’industria del calcio è diventata complicata, devi essere un fiscalista, un avvocato, commercialista, padre, madre per i giocatori”. Parlava così Mino Raiola al World Football Summit, a fine novembre. È vero, troppe accuse ai procuratori. Dopo tutto, che male c’è se Raiola ha incassato 49 milioni per portare Pogba al Manchester United nel 2016? Quale padre non lo farebbe? Per carità, nessuno ha mai riscontrato un illecito, pertanto, le chiacchiere terminano nell’esatto momento in cui iniziano. Si rimane giusto perplessi e, talvolta, un po’ avviliti. Se nemmeno il Covid ha riportato il lume della solidarietà dei patrizi del calcio, chi o cosa lo farà?